«Monte Ladino, zona franca dell’illegalità»

di P.BAL.
Una strage di fringillidi (e non solo) attuata sul monte LadinoUna volontaria del Cabs su una rete da uccellagione
Una strage di fringillidi (e non solo) attuata sul monte LadinoUna volontaria del Cabs su una rete da uccellagione
Una strage di fringillidi (e non solo) attuata sul monte LadinoUna volontaria del Cabs su una rete da uccellagione
Una strage di fringillidi (e non solo) attuata sul monte LadinoUna volontaria del Cabs su una rete da uccellagione

Attivi sul territorio bresciano da decenni, i volontari del Cabs (Committee against bird slaughter) hanno avuto un ruolo significativo nell’edizione 2019 dell’Operazione pettirosso, e oltre a rivendicarlo puntano l’indice su una «enclave» venatoria nella quale succede di tutto. Partendo dai numeri, il Cabs ricorda che i propri volontari «provenienti da Italia, Germania, Inghilterra, Spagna e Stati uniti hanno segnalato in ottobre 57 casi di trappolaggio e caccia illegale ai carabinieri forestali contribuendo al sequestro da parte dei militari di centinaia di trappole e reti». PASSANDO invece alla zona franca del bracconaggio, secondo il Cabs è collocata sul monte Ladino, una cima a cavallo tra Lumezzane e la Valsabbia: «Una roccaforte della caccia illegale nella quale anche quest’anno si sono ripetute segnalazioni di uccisioni di diverse specie di fringillidi, tutti protetti dalla legge nazionale e comunitaria». In effetti due operazioni successive l’una all’altra, portate a termine prima dai militari delle stazioni territoriali e poi da quelli del Soarda, hanno portato alla denuncia di sette cacciatori, quasi tutti capannisti (a parte un vagantista) sorpresi nei rispettivi appostamenti sulle creste (ma anche al ritorno a valle) mentre abbattevano fringillidi usando anche richiami vivi appartenenti a specie protette. È successo appunto in una «enclave», su creste e costellate di capanni e collegate sì a strade carrabili, ma sbarrate alla partenza. In queste condizioni, il fattore sorpresa essenziali per i controlli difficilmente sussiste. «Le cime del Ladino continuano a essere protette da una strada accessibile solo a chi pratica l’attività venatoria - sottolinea in effetti il Cabs attraverso il responsabile Alex Heyd -, e quella montagna non è tanto rilevante per sparare contro i tordi, specie cacciabile, bensì molto più interessante per il passo di fringuelli, peppole e frosoni, provenienti, in autunno, dal centro e dal nord Europa. Tutti sistematicamente presi di mira dai cacciatori che frequentano queste vette. Un danno incalcolabile per la fauna europea, così come già si è avuto modo di evidenziare nel corso degli interventi antibracconaggio degli scorsi anni». PER QUESTO il Cabs chiede controlli mirati e continuati in quest’area: «Occorre accendere i riflettori su questa roccaforte che di fatto annulla, con la sua quasi totale impenetrabilità, gli sforzi dei volontari e delle forze dell’ordine per reprimere il bracconaggio nelle valli bresciane. Il Bresciano è purtroppo considerato hotspot della caccia clandestina nel Nord Italia, e il Ladino è una delle componenti del sistema». •

Suggerimenti