Attorno al campo di tiro illegale c’è una vera «bomba chimica»

di Paolo Baldi
I carabinieri forestali nell’area del tiro al piattello divenuto discarica
I carabinieri forestali nell’area del tiro al piattello divenuto discarica
I carabinieri forestali nell’area del tiro al piattello divenuto discarica
I carabinieri forestali nell’area del tiro al piattello divenuto discarica

Bella la Valsabbia a primavera, a tratti bellissima. A volte però bisogna stare attenti a dove si mettono i piedi. Perché da queste parti non mancano quelli che considerano l’ambiente una pattumiera. Una pattumiera chimica nel caso di cui parliamo, piena di veleni causati da un tiro al piattello illegale. Collocato sul territorio di Sabbio Chiese, lo avevano controllato nell’agosto dello scorso anno i carabinieri forestali della stazione di Vobarno realizzando subito che l’impianto sportivo non aveva l’autorizzazione per funzionare. In attività da 30 anni, in una prima fase i permessi c’erano, poi gli spari sono proseguiti tranquillamente senza che ci si preoccupasse del rinnovo. Soprattutto, nell’arco di decenni nessuno qui aveva mai raccolto i rifiuti tossici accumulati, che così hanno inquinato pesantemente un’area boschiva. Queste erano state le prime constatazioni, ma poi la situazione si è mostrata in tutta la sua effettiva gravità in laboratorio, e i capi d’imputazione sono aumentati e si sono a loro volta aggravati. DURANTE il primo sopralluogo nella località Selvapiana, i militari avevano scoperto che anni di fucilate avevano costellato un ettaro circa di bosco (di proprietà dei gestori, del Comune e di un altro privato) di grandi quantitativi di pallini di piombo, «borre» in plastica (una componente delle cartucce da caccia) e ovviamente una enormità di frammenti di piattelli. Per tutto ciò, i tre titolari del sito erano stati denunciati con l’accusa di realizzazione di discarica abusiva: un reato che oltre alla possibile confisca del terreno prevede l’arresto da sei mesi e due anni e un’ammenda che può arrivare a 26mila euro. Nei mesi successivi all’operazione, però, su disposizione del pm Ambrogio Cassiani, sempre i carabinieri forestali di Vobarno affiancati dall’Arpa hanno effettuato campionamenti del terreno, e le analisi sui materiali hanno rilevato livelli di inquinamento paurosi: metalli pesanti come piombo, arsenico, vanadio e antimonio, e anche idrocarburi policiclici aromatici (cancerogeni e teratogeni); questi ultimi con concentrazioni fino a 590 volte i limiti di legge. Così, in aggiunta alla prima accusa, i gestori del tiro al piattello, che è stato frequentato in un passato recente anche da un notissimo consigliere regionale di maggioranza della Valsabbia, hanno collezionato anche quella di inquinamento ambientale, che oltre alla reclusione fino a sei anni prevede ammende fino a 100mila euro. Non solo: i titolari dovranno anche provvedere alla rimozione dei rifiuti accumulati e dei terreni avvelenati in un’area attraversata da un torrente e soggetta a vincolo paesaggistico e idrogeologico. •

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