L’addio commosso
della Sacca a
un prete che ha fatto il prete

di Claudia Venturelli
Un momento del funerale di don Redento nell’oratorio della Sacca di Esine
Un momento del funerale di don Redento nell’oratorio della Sacca di Esine
Un momento del funerale di don Redento nell’oratorio della Sacca di Esine
Un momento del funerale di don Redento nell’oratorio della Sacca di Esine

Sta per calare il sole di una giornata triste sulla Sacca di Esine quando la bara di don Redento Tignonsini, accompagnata dalle note de «Il pescatore» di Fabrizio de Andrè, lascia l’oratorio in cui il vescovo di Brescia, monsignor Pierantonio Tremolada ha appena celebrato il suo funerale. Il religioso che aveva aperto molti anni fa un nuovo percorso per rispondere all’emarginazione riposerà per sempre poco lontano dal centro giovanile, al di là di quella strada che per tutti ha significato un porto sicuro oltre le incertezze della vita. Lui che non voleva «essere prete ma fare il prete» lo ha fatto fino alla fine «chiedendo, quando aveva capito che stava per avvicinarsi la fine - ha ricordato la sua più stretta collaboratrice Marisa Chiarolini - di poter tornare a casa, tra la sua gente». Don Redento è morto lunedì sera nella sua casa, dalla quale ha sempre distribuito amore, soprattutto verso i poveri. «Un uomo di fede e grande carità - ha affermato il vescovo nell’omelia -, sacerdote forse un po’ fuori dagli schemi, ma guida per molti. All’apparenza burbero, in realtà autentico nella sua indole montanara. Ruvido nella scorza ma capace di una singolare empatia, una persona che non faceva sconti al Vangelo». LO HA MESSO in pratica fino alla fine in una comunità che ha le dimensioni di una famiglia, dove il sagrato è diventato famoso per l’angolo del «se hai lascia, se non hai prendi». E quella comunità, ieri, si è stretta attorno a lui e attorno a se stessa, quasi a proteggersi da un dolore tanto grande. «Grazie perché sei stato la nostra figura di riferimento e sempre lo sarai - ha detto una ragazza al termine della messa -. Grazie perché ci hai sempre supportato, perché hai avuto fino alla fine la forza di realizzare ciò che volevi, cambiando e rivoluzionando ciò che di brutto ci circonda. Perché hai fiducia in noi, ci hai resi un po’ più capaci di perdonare, perché ci hai insegnato che il vero cristiano si riconosce nella vita di tutti i giorni. Sei diventato un pezzo del cuore di ognuno di noi». Pioniere nel campo dei servizi sociali, con la fondazione a Bessimo di Rogno della prima comunità per tossicodipendenti nel 1976, don Redento «ha lasciato un segno profondo in questa valle - ha detto ancora il vescovo -, nella nostra chiesa bresciana, ma soprattutto in tanti cuori». Ha ricordato il suo percorso di fede, l’impegno nella missione in Kenya dove ancora sfruttano i dodici pozzi da lui realizzati, la sua quotidiana semplicità diventata il segno distintivo, l’amore per l’altro. •

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