Appalti pilotati, Cimbergo scarica il sindaco

di Lino Febbrari
A Cimbergo si sta metabolizzando lo shock dell’arresto del sindaco
A Cimbergo si sta metabolizzando lo shock dell’arresto del sindaco
A Cimbergo si sta metabolizzando lo shock dell’arresto del sindaco
A Cimbergo si sta metabolizzando lo shock dell’arresto del sindaco

Il giorno dopo a Cimbergo. Assorbita con grande delusione la notizia degli arresti eccellenti e ragionando a mente fredda, diversi cittadini che lunedì si erano schierati apertamente in difesa dell’operato del sindaco, accusato insieme al suo vice, alla responsabile dell’Ufficio tecnico e a una dozzina di imprenditori edili di aver pilotato tre appalti pubblici, hanno iniziato a dubitare che Gianbettino Polonioli fosse all’oscuro di tutto. CI SI CHIEDE se effettivamente non sapesse cosa combinavano alle sue spalle il suo braccio destro e la sua compagna di vita nell’assegnare i lavori a un’impresa piuttosto che all’altra. «Delle due l’una: o è un ingenuo che si lascia facilmente abbindolare, cosa che conoscendolo bene non reputo possibile, oppure sapeva e chiudeva gli occhi, forse convinto pure lui che fosse meglio far lavorare gente del posto invece che la ditta pinco pallino che poi magari lasciava a metà le opere», afferma un pensionato al bar. «L’ho detto ieri e lo ribadisco oggi - aggiunge l’amico che gli siede vicino -: il sistema è marcio dappertutto e non solo a Cimbergo. I magistrati fanno il loro dovere e se il sindaco ha sbagliato, è giusto che paghi». La gestione dei bandi, in particolare della tempistica di presentazione dell’interessamento e poi delle offerte (modalità che di volta in volta sarebbero state comunicate in anticipo a una ristretta cerchia di imprenditori) non sarebbe una particolarità di Cimbergo, ma un modus operandi diffuso: a dimostrarlo gli episodi accaduti a Ceto, Malonno e Paspardo. Il caso di Edolo, finito pure lui sotto la lente del pm Ambrogio Cassiani nell’aprile del 2018, è stato archiviato. Una scelta operativa che non stupisce più di tanto, anche perché quelli finiti nei guai si sono giustificati sostenendo che non hanno compiuto un reato per arricchirsi, ma hanno infranto la legge pensando di fare il bene della comunità. Sintetizzando il loro ragionamento emerso dalle intercettazioni ambientali e dalle risposte fornite a verbale, favorire gli impresari del posto (meglio se amici) garantirebbe ottima qualità e rapidità dei lavori. Gli esterni invece sono malvisti e tenuti alla larga grazie, appunto, alle manovre scorrette delle centrali uniche di committenza e degli uffici tecnici. E non sorprende nessuno neppure che i nomi delle imprese siano quasi sempre gli stessi. Ci sono quelle deputate a rotazione ad aggiudicarsi l’appalto e quelle che contribuiscono solo a saturare la graduatoria per impedire la partecipazione di concorrenti non graditi, accontentandosi del regalino (poche migliaia di euro) che è tenuto a elargire il vincitore designato. •

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