Truffa dei pascoli,
uno scandalo
senza fine

di Paolo Baldi
Le indagini sono state sviluppate dai carabinieri forestali di Breno
Le indagini sono state sviluppate dai carabinieri forestali di Breno
Le indagini sono state sviluppate dai carabinieri forestali di Breno
Le indagini sono state sviluppate dai carabinieri forestali di Breno

C'è sempre la Valcamonica, e c'è sempre il territorio di Cimbergo - senza contare gli amministratori e i funzionari del Comune che sono già finiti sotto inchiesta - al centro di una truffa continuata allo Stato e all'Europa che sta diventando colossale. Sullo sfondo, o meglio alla base del gigantesco pacco c'è sempre il meccanismo che prevede la cessione di alpeggi comunali affittati a soggetti non camuni capaci di moltiplicare per molte volte la base d'asta. Questi ultimi poi chiedono e ottengono generosi contributi comunitari previsti per chi, a maggior ragione se giovane, utilizza territori marginali e difficili come quelli alpini per produrre alimenti di qualità, e ci riescono persino senza portare neppure un animale in montagna. C’erano per esempio riusciti i due imprenditori agricoli del Cremonese ai quali nelle ultime ore i carabinieri forestale del Gruppo di Brescia hanno sequestrato preventivamente beni immobili e liquidità per un milione e 800 mila euro. Il provvedimento è stato eseguito su ordine del Gip di Cremona Elisa Mombello, e il magistrato lo ha firmato sulla base dei complessi e lunghi accertamenti fatti spesso anche letteralmente sul campo dai carabinieri forestali della stazione di Breno: gli stessi militari che con la loro attività hanno già fatto finire nei guai nelle settimane scorse non solo i funzionari di Cimbergo ma anche alcuni truffatori d'alta quota residenti nella Bergamasca. Gli ultimi inquisiti avevano seguito lo stesso copione degli altri: partendo in questo caso dai terreni dell'Alpe Marmor, di Cimbergo appunto, e presentando false certificazioni che attestavano lo sfruttamento di non meglio precisati pascoli arborati, avevano moltiplicato la superficie sfruttata e insieme i contributi previsti dalla Politica agricola comunitaria. In realtà i loro pascoli erano solo boscaglie inaccessibili, e inoltre, come accertato dai militari di Breno, almeno nel 2016 e nel 2017 degli oltre 200 ovicaprini che secondo i registri di alpeggio avrebbero dovuto essere presenti in quota non c'era traccia. INFINE, PER AGGIRARE il problema dei limiti previsti per i contributi percepibili da ogni singola azienda, i bidoni avevano spacchettato i titoli della Pac distribuendolo ad alcuni prestanome. Una truffa quasi perfetta, che forse, ancora una volta, dovrebbe spingere non poche amministrazioni locali montane a una riflessione sul valore di qualche euro in più contrapposto all'azzeramento dei piccoli allevatori del territorio, i veri custodi della montagna, estromessi in questo modo dal circuito produttivo. L’indagine insomma si allarga e l’attenzione degli inquirenti è ora rivolta a pascoli in territorio di Paspardo. • © RIPRODUZIONE RISERVATA

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