Piani di cura dei cronici, via libera dal Tar

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Respinto il ricorso dei medici
Respinto il ricorso dei medici
Respinto il ricorso dei medici
Respinto il ricorso dei medici

Il riordino della rete di offerta e le modalità di presa in carico dei pazienti cronici e fragili messo a punto dalla Regione non marginalizza il ruolo dei medici di Medicina generale. Lo ha stabilito il Tar, che ha respinto il pacchetto di ricorsi presentato dall’Unione Medici e da trenta professionisti bresciani. Sotto la lente dei giudici amministrativi era finita la serie di delibere che «plasma» il modello di gestione dei pazienti affetti da malattie croniche con l’obiettivo di garantire che siano seguiti da personale particolarmente qualificato, tenuto non solo all’erogazione di prestazioni mediche, ma anche di una serie di servizi. Tutto ruota attorno al gestore chiamato ad assicurare il Piano individualizzato di cure, ma anche prenotazioni di prestazioni e coordinamento tra vari specialisti. La qualifica di gestore può essere affidata solo da due categorie: le strutture sanitarie e sociosanitarie già contrattualizzate con il Sistema sanitario regionale ed i medici di medicina generale organizzati in forme associative quali società di servizi o cooperative. I malati cronici possono scegliere il gestore dall’elenco stilato dalla Regione. «I medici professionisti - ha rilevato il Tar - hanno anzitutto la facoltà di offrirsi in forma associata agli assistiti come gestori della presa in carico e, riguardo alle persone con cronicità iniziale, hanno la priorità». I medici possono poi decidere di partecipare al percorso nel ruolo di co-gestori e redigono, d'intesa con gli specialisti, il piano di cura. I professionisti possono infine decidere di non aderire al nuovo modello, ma in questo caso avranno comunque diritto di ricevere il piano terapeutico redatto dallo specialista che opera nella struttura individuata come gestore, con possibilità di segnalare ad Ats il proprio dissenso in ordine alle previsioni prestazionali contenute nel documento. L’Umi e un folto gruppo di professionisti aveva impugnato la riorganizzazione ritenendo «che tale regime avrebbe drasticamente ridotto, sino a renderlo residuale, il ruolo del medico». I ricorrenti lamentavano «la lesione e la dequotazione del ruolo del professionista nella presa in carico del paziente cronico, illegittimamente obbligato dalle disposizioni regionali, travalicanti il proprio ambito di competenza, o a svolgere le mansioni proprie in forma associata, o ad assumere il ruolo di co-gestore, mentre il medico che non partecipa a tali forme potrebbe continuare a svolgere le funzioni previste dall'Accordo Collettivo Nazionale solo per la parte non relativa alla cronicità». Il Tar ha dichiarato in parte improcedibili e in parte inammissibili i ricorsi, rigettandoli. I giudici amministrativi nella complesse motivazioni si sono soffermati su alcuni aspetti chiave. «Non è corretto - si legge nella sentenza - sostenere, come fanno i ricorrenti, che i medici assumono la veste di clinical manager e sarebbero chiamati ad espletare funzioni burocratico-organizzative che ne snaturerebbero il ruolo». «Quanto al paventato rischio che il gestore rediga un Piano di cura inadeguato per aumentare i margini del suo profitto, si osserva che l’assunto dei ricorrenti si fonda su un presupposto errato posto che, come chiarito dalla Regione nelle proprie difese, gli erogatori verranno remunerati per le prestazioni effettivamente effettuate e non a budget». Il Tar ha infine ritenuto che non sussistano i profili di incostituzionalità nella riorganizzazione. •

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