Opere d’arte, 55 furti
al giorno. Ma Brescia
sa blindare i tesori

di Cinzia Reboni
Il maggiore Francesco Provenza comanda il  Nucleo carabinieri tutela patrimonio culturale di Monza
Il maggiore Francesco Provenza comanda il Nucleo carabinieri tutela patrimonio culturale di Monza
Il maggiore Francesco Provenza comanda il  Nucleo carabinieri tutela patrimonio culturale di Monza
Il maggiore Francesco Provenza comanda il Nucleo carabinieri tutela patrimonio culturale di Monza

Italiani, popolo di artisti e di… ladri appassionati di capolavori. Il nostro Paese conta il maggior numero di furti al mondo. Un «mercato» che alimenta un giro d’affari illegale di 9 miliardi di euro. Solo in Italia si registrano 20 mila furti l’anno, 55 al giorno. Un business che viene soltanto dopo quello del traffico di droga e di armi, e che - è ampiamente dimostrato - ha allungato i suoi tentacoli nel mondo della criminalità organizzata. In questo quadro a tinte fosche, la provincia di Brescia «non è particolarmente esposta al fenomeno - spiega il maggiore Francesco Provenza, comandante del Nucleo carabinieri tutela patrimonio culturale di Monza -: un dato positivo, specchio dell’incisiva attività di prevenzione». SOLTANTO DIECI i furti registrati nel 2018, per un totale di 94 beni asportati, di cui 70 trafugati in edifici privati, 21 in luoghi espositivi e 3 in luoghi di culto. Nel dettaglio, tre furti sono avvenuti in città e gli altri sette in provincia: a Quinzanello, Carzago di Calvagese, Roncadelle, Monticelli Brusati, Erbusco, Castelcovati e Sabbio Chiese. Tre quarti dei beni rubati erano opere pittoriche. «Le statistiche parlano chiaro - sottolinea Provenza -: i furti avvengono almeno per il 75% in luoghi privati, il 15-20 per cento viene trafugato durante le esposizioni, sia private che pubbliche, mentre soltanto il 3% “sparisce” da chiese e musei». Il Nucleo di Monza, operativo dal 1996 con sede a Villa Reale, ha competenza in tutta la regione ed opera con attività preventiva e investigativa - perquisizioni, sequestri, intercettazioni -, controllando quotidianamente esposizioni, case d’asta, commercianti e «traffico» elettronico. «Ma siamo anche di supporto a strutture museali per l’assistenza nei sistemi di sicurezza - spiega il maggiore Provenza - e disponiamo di una banca dati che contiene oltre un milione di oggetti scomparsi: è il primo sito al mondo per elementi censiti, e viene ancor prima dell’Ocbc di Parigi, la sezione del Ministero dell’Interno francese che lotta contro il traffico di beni culturali». C’È POI il servizio di consulenza: «prima di acquistare un bene, è importante approfondire la provenienza per ridurre il rischio di incappare in un’operazione poco chiara e trasparente», suggerisce Provenza. Le operazioni più «famose» portate a termine nella nostra provincia? «Il recupero del dipinto di Giorgio Morandi, del valore di mezzo milione di euro, rubato nel Bresciano nel 2002 e recuperato tre anni dopo. Ma anche la tela di Mozzoni, poi attribuita a Pietro da Marone, trafugata nel 1994 dal santuario di Rio Secco a Capovalle e trovata quindici anni dopo a Chiari, esposta in una rassegna d’arte. Non ultima la croce astile in metallo, asportata nel 2012 dalla chiesa di Mazzano e recuperata in Veneto pochi mesi dopo». Nel Bresciano il traffico di reperti archeologici è marginale, «a differenza della contraffazione di opere d’arte, soprattutto moderne e contemporanee - spiega il maggiore Provenza -, che sono facilmente riproducibili ed hanno quotazioni di mercato decisamente alte: un Fontana può valere anche milioni di euro». L’impegno delle forze dell’ordine si scontra però con criminali che sanno di correre pochi rischi a fronte di enormi guadagni. Il «museo del crimine» continua ad arricchirsi di capolavori. A dispetto di una legge poco incisiva e di uno strumento, il Codice dei beni culturali, decisamente meno efficace di quello penale. •

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