La ciclabile
del Garda può
finire sott’acqua

di Luciano Scarpetta
Il tunnel dell’acquario «Sealife»: un esempio concreto di fattibilità
Il tunnel dell’acquario «Sealife»: un esempio concreto di fattibilità
Il tunnel dell’acquario «Sealife»: un esempio concreto di fattibilità
Il tunnel dell’acquario «Sealife»: un esempio concreto di fattibilità

Un tunnel sommerso: questa l’idea a Riva del Garda per far proseguire la ciclabile, che ad oggi si interrompe al confine trentino dopo il tratto di Limone a sbalzo sul lago. A RIVA hanno il problema superare la strettoia alla «Casa della trota», dove lo spazio è poco. Allora ecco l’uovo di colombo: passare nel lago, con un tunnel sommerso, magari trasparente con vista su pesci e fondali come al Sealife o all’Acquario di Genova. Fantasia o una possibilità concreta? Di sicuro, per completare la ciclovia dell’alto Garda, una soluzione va trovata. E a Riva e dintorni è già affissa su tutti i muri l’intrigante locandina che annuncia questa ipotesi sull’esempio dei fiordi norvegesi, con lo slogan «Facciamo un buco nell’acqua». Sarà illustrata domani alle 20 alla Rocca di Riva con l’ingegnere Arianna Minoretti. A promuovere il progetto è il Comitato Giacomo Cis, onlus gardesana protagonista negli ultimi anni del recupero turistico della storica strada della Ponale.


POTREBBE essere «la» soluzione per risolvere u le criticità del percorso ciclabile alla «Casa della trota», in prossimità della valle della Ponale. Da tempo è in atto il braccio di ferro tra i proprietari dell’ex ristorante che vorrebbero riconvertirlo ad appartamenti turistici, e la Provincia, più incline a un bike-grill con passaggio della ciclopedonale sul tetto della struttura. Seconda opzione, ma più costosa, è un tunnel parallelo alla galleria della Gardesana. La terza soluzione, quella più «visionaria» del tunnel sommerso e trasparente di circa 200 metri, potrebbe invece diventare un’attrazione turistica al pari di quella di Limone a sbalzo sul lago, che i trentini hanno sempre criticato per «impatto ambientale». Forse è solo invidia: di fatto i trentini una soluzione non l’hanno ancora trovata. Chissà che non facciano davvero un «buco nell’acqua».

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