Garda e ’ndrine,
figlio del boss
condannato

di Valerio Morabito
Da Padenghe la ’ndrangheta gestiva la droga diretta a Gioia Tauro
Da Padenghe la ’ndrangheta gestiva la droga diretta a Gioia Tauro
Da Padenghe la ’ndrangheta gestiva la droga diretta a Gioia Tauro
Da Padenghe la ’ndrangheta gestiva la droga diretta a Gioia Tauro

La villa-bunker di via Galilei a Padenghe era il quartier generale da dove il boss impartiva la destinazione dei «cargo» droga in arrivo al porto di Gioia Tauro dal Sudamerica. Le motivazioni della sentenza della Cassazione che ha confermato la condanna a 10 di reclusione a Giuseppe Bellocco, ribadisce (se pure ce ne fosse ancora bisogno), i radicali legami tra la ’ndrangheta e il lago di Garda. Al centro del processo i clan Bellocco e Pesce che, costretti a lasciare la Calabria, gestivano la loro holding criminale in Valtenesi. In questo secondo filone dell’inchiesta per mafia, che tra fine agosto e settembre aveva visto la condanna di dieci persone, è stato coinvolto direttamente Giuseppe Bellocco. Il 32enne personaggio di spicco del clan si è visto confermare la pena inflitta in primo e secondo grado per associazione di tipo mafioso. Giuseppe Bellocco era rappresentante del ramo della cosca (un tempo capeggiata dal padre Gregorio) è stato «uno dei punti di riferimento nell'importazione di sostanza stupefacente attraverso il porto di Gioia Tauro», si legge nella sentenza. «Era dall’abitazione di Padenghe, in cui viveva un sodale che venivano prese le decisioni di smistare la sostanza stupefacente in tutta Italia nel momento in cui giungeva al porto calabrese - scrivono ancora i giudici -: Giuseppe Bellocco coordinava insieme a Rocco Panetta, Carlo Antonio Longo, Michelangelo Belcastro, Raffaele Rullo e Salvatore Barone l'ingresso dei componenti del clan nella compagine sociale delle aziende Blue Cali e Future». Entrambe con interessi sul lago di Garda. Per quanto riguarda l’importazione di droga, è emerso il ruolo centrale di Giuseppe Bellocco che stando alle risultanze processuali avrebbe compiuto anche diversi viaggi in Colombia, Costa Rica e Panama. Determinanti anche le dichiarazioni di due collaboratori di giustizia, Giuseppe Tirintino e Vincenzo Albanese. Il primo aveva affermato di aver trafficato droga insieme a Giuseppe Bellocco e il secondo aveva confessato di essere appartenuto egli stesso alla consorteria con il grado di padrino e aveva qualificato Giuseppe Bellocco («Peppe Testazza») come personalità candidata a comandare la «famiglia».


IN QUESTO CONTESTO ha pesato anche l’episodio del 2015, quando Bellocco era stato arrestato a Genova mentre si muoveva sotto il falso nome di Simone Ivan Galimi con 147,97 chilogrammi di cocaina. Sta di fatto che ogni decisione sull’arrivo della droga in Italia veniva presa dalla villa di Padenghe. Ed è qui che l''ndrangheta stringevano accordi con esponenti della Sacra Corona Unita e supportavano la latitanza del boss Giuseppe Pesce dell'omonima famiglia di Rosarno.


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