Bagnolo prova a scacciare l’incubo bomba ecologica

di Cinzia Reboni
Causa sulle discariche  di Montichiari: i legali rinunciano all’incarico Varato il piano di bonifica del fontanile Arrigo di Bagnolo: convocata la prima Conferenza dei servizi
Causa sulle discariche di Montichiari: i legali rinunciano all’incarico Varato il piano di bonifica del fontanile Arrigo di Bagnolo: convocata la prima Conferenza dei servizi
Causa sulle discariche  di Montichiari: i legali rinunciano all’incarico Varato il piano di bonifica del fontanile Arrigo di Bagnolo: convocata la prima Conferenza dei servizi
Causa sulle discariche di Montichiari: i legali rinunciano all’incarico Varato il piano di bonifica del fontanile Arrigo di Bagnolo: convocata la prima Conferenza dei servizi

Prove tecniche per disinnescare i potenziali effetti di una delle «bombe ecologiche» sparse sul territorio bresciano. C’è finalmente un piano per mettere in sicurezza il fontanile dell’Arrigo, uno dei 75 siti più contaminati e pericolosi della provincia di Brescia. Si tratta di una porzione di area lunga duecento metri e larga una ventina, trasformata in un «sudario» di scorie industriali al confine tra Bagnolo e Montirone. L’inquinamento - finito al centro di un’inchiesta giudiziaria - risale agli anni Ottanta ed è diventato recentemente oggetto anche di un’interrogazione parlamentare. Sotto la spinta del pressing istituzionale, ora qualcosa si è mosso. Il 21 ottobre è stata convocata la Conferenza dei servizi - alla quale parteciperanno Arpa, Ats e i Comuni di Bagnolo e Montirone - per la valutazione del piano di caratterizzazione messo a punto dall’Amministrazione guidata da Cristina Almici. Nonostante le indagini della procura e del Noe dei carabinieri, non è infatti stato possibile risalire ai responsabili del disastro ambientale, ed è toccato quindi al Comune di Bagnolo assumersi l’onere di bonificare l’area di proprietà demaniale su terreno privato. La contaminazione dell’ex fontanile si è rivelata tra l’altro molto più estesa del previsto. Le analisi hanno rilevato un «cimitero» di scorie anche nella parte terminale del bacino, un’enclave di circa 400 metri di lunghezza, molto più stretta e meno profonda della prima porzione di bacino saturato di «veleni» misti. Stando ai primi test, si tratterebbe di rifiuti solidi urbani e speciali con presenza di fluidi oleosi e fluff. Materiale teoricamente meno pericoloso dei residui di lavorazione industriale, compreso amianto e scarti di fonderia, finiti al centro dell’indagine della procura. LA REGIONE ha finanziato con 165 mila euro il piano di caratterizzazione, ovvero lo studio per stabilire la natura degli inquinanti del sito, affidato alla St&A, un’azienda di Milano specializzata in interventi ambientali. Se approvato, si passerà quindi alla fase operativa attraverso nuove indagini esplorative per analizzare il materiale esistente, ed infine alla sua rimozione: si parla di quasi 50 mila tonnellate di rifiuti. L’ostacolo da superare sarà il reperimento delle risorse: qualche anno fa la stima dei costi per la messa in sicurezza galleggiava attorno ai 4 milioni di euro. «Si tratta di un percorso sicuramente lungo e costoso - ammette il sindaco di Bagnolo Cristina Almici -, ma il nostro obiettivo è quello di recuperare le condizioni originarie del fontanile dell’Arrigo e di salvaguardare la salute dei cittadini con un intervento definitivo e tempestivo». Nel frattempo, Arpa e Ats continuano a monitorare la «salute» dell’acqua attraverso una rete di piezometri. La discarica di rifiuti pericolosi - smaltiti abusivamente a più riprese tra gli anni Settanta e Ottanta - è stata scoperta proprio in seguito ad un innalzamento anomalo dei valori dell’arsenico. Fino ad ora l’acqua ha sempre superato il test di potabilità. Ma il rischio è la percolazione: il fluido prodotto dal disfacimento delle scorie smaltite quasi quarant’anni fa rischia di percolare contaminando le falde più vulnerabili. •

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