CORONAVIRUS

Conte: «Focolaio coronavirus
generato da una gestione
sbagliata in un ospedale»

«Non possiamo prevedere l’andamento del virus. È chiaro che c’è stato un focolaio, e da lì si è diffuso. Ormai è noto, c’è stata una gestione a livello di una struttura ospedaliera non del tutto propria, secondo i protocolli prudenti che si raccomandano in questi casi, e questo sicuramente ha contribuito alla diffusione. Ma al di là di questo continuiamo con la massima cautela e massimo rigore». Lo ha detto il premier Giuseppe Conte, parlando con i giornalisti fuori dalla sede della Protezione Civile, in merito all’emergenza coronavirus. 

Il paziente zero, ha chiarito il premier «non è stato ancora individuato».

 

LE MISURE DI CONTENIMENTO. Cinquecento uomini a presidio dei 43 varchi, unica via per entrare ed uscire dalle aree focolaio, e la possibilità di utilizzare, se necessario, anche i Nuclei Nbcr dei Vigili del Fuoco. È scattato il piano con le «misure di contenimento» voluto dal governo per isolare il coronavirus negli 11 comuni di Lombardia e Veneto dai quali è partito il contagio.

 

Un dispositivo che inevitabilmente, come ha ammesso lo stesso premier Conte più volte, richiederà «sacrifici» agli oltre 55mila cittadini che vivono nelle aree nelle 2 regioni, che subiranno «restrizioni personali» importanti.

 

Le misure operative sono state individuate nel corso di una riunione al Viminale presieduta dal capo della Polizia Franco Gabrielli con i responsabili di tutte le Direzioni centrali del Dipartimento di Pubblica Sicurezza e, in collegamento, i prefetti di Lodi Marcello Cardona e di Padova Renato Franceschelli. La prima decisione è stata quella di inviare 500 uomini di tutte le forze di polizia e delle forze armate nelle zone del lodigiano e a Vò Euganeo, che si andranno ad aggiungere al personale già in servizio nelle due province. Si tratta di poliziotti, carabinieri, finanzieri e militari dell’Esercito che dovranno garantire 24 ore al giorno il presidio dei 35 varchi d’accesso ai 10 comuni del lodigiano (Codogno, Castiglione d’Adda, Casalpusterlengo, Fombio, Maleo, Somaglia, Bertonico, Terranova dei Passerini, Castelgerundo, e San Fiorano) e agli 8 posti all’ingresso di Vò Euguaneo. Da lì nessuno entra e nessuno esce.

 

Il decreto, d’altronde, è chiaro e dispone il «divieto di allontanamento» per tutti, ad eccezione di chi è impegnato nei servizi essenziali e di pubblica utilità. Non è invece vietata la mobilità all’interno delle aree focolaio, ferme restando la necessità di rispettare le indicazioni delle autorità e del ministero della Salute e di utilizzare «dispositivi di protezione individuale» ogni qual volta si accede ai servizi pubblici essenziali e ai negozi «per l’acquisto di beni di prima necessità». Non saranno gli uomini e le donne impegnate ai varchi ad occuparsi della sicurezza all’interno delle aree: a quella penseranno le pattuglie che già quotidianamente ’coprono' le zone interessate e che continueranno a presidiare il territorio.

 

Ma cosa succede se qualcuno viola i divieti? Le ’regole d’ingaggio' per le forze di polizia sono definite all’articolo 3 del decreto. «Salvo che il fatto non costituisca più grave reato, il mancato rispetto delle misure di contenimento di cui al presente decreto è punito ai sensi dell’articolo 650 del codice penale». Una norma che prevede una sanzione da 206 euro, ma non consente l’arresto in flagranza. Su questo il Viminale già ieri aveva segnalato che si sarebbero potute generare alcune criticità, ma la scelta fatta da palazzo Chigi è stata quella di non forzare ulteriormente la mano e confidare sulla collaborazione di tutti.

 

Lo ha chiesto anche ieri il ministro della Salute Roberto Speranza: «Abbiamo bisogno di una grande risposta da parte dei cittadini, abbiamo bisogno che facciano tutto il possibile seguendo le regole». A definire comunque come dovranno muoversi le forze in campo saranno i prefetti che hanno un quadro chiaro di quelle che sono le necessità del territorio, anche perché una cosa è gestire l’area dei dieci comuni del lodigiano e un’altra occuparsi di una zona molto più ristretta come quella di Vò Euganeo.

 

«Il prefetto - dice il decreto - informando preventivamente il ministro dell’interno, assicura l’esecuzione delle misure avvalendosi delle forze di polizia e, ove occorra, con il possibile concorso dei nuclei regionali Nbcr del corpo nazionale dei Vigili del Fuoco nonché delle forze armate, sentiti i competenti comandi territoriali». Gli uomini impegnati nelle aree cinturate saranno dotati di dispositivi di protezione individuale - guanti, mascherine ed occhiali - come previsto dalla circolare della Direzione di Sanità. Accorgimenti che, secondo i sindacati, dovrebbero essere implementati. «Ci chiediamo se - dice Daniele Tissone del Silp-Cgil - le tipologie di servizio concernenti il ravvicinato contatto con le persone, anche in caso di semplici controlli, non debbano essere seguite da più elevate misure di protezione come nei casi di trasporto in auto di persone ovvero nelle situazioni di foto segnalamento».

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