ITALIA

Condannato a 30 anni
per aver ucciso la fidanzata,
si suicida poche ore dopo la sentenza

Francesco Mazzega, condannato venerdì a 30 anni per la morte di Nadia Orlando, si è suicidato qualche ora dopo la sentenza. L’uomo è stato trovato morto ieri sera nel giardino della sua abitazione, in Friuli, dove era agli arresti domiciliari. Venerdì in appello era stata confermata la condanna a 30 anni.

 

 

Mazzega, di 38 anni, si è impiccato nel giardino di casa nella tarda serata di ieri. Dopo la sentenza  l’uomo era tornato a casa dei genitori, a Muzzana del Turgnano, agli arresti domiciliari, con il braccialetto elettronico. Come riporta il Messaggero Veneto sono stati i parenti a trovarlo; hanno chiamato i soccorsi e i sanitari del 118, arrivati subito, e per 40 minuti hanno tentato di rianimarlo.

 

LE ULTIME DICHIARAZIONI. «Non merito il perdono, ho paura anche a chiederlo vista la gravità di quanto fatto». È il concetto che Mazzega aveva espresso venerdì in Aula in una dichiarazione spontanea davanti ai giudici della Corte d’Assise d’Appello di Trieste e ai familiari di Nadia Orlando. Mazzega aveva ribadito ancora una volta di non riuscire a capacitarsi di quanto aveva fatto e di non sapere come poteva essere accaduto. Aveva aggiunto di non riuscire nemmeno a sentir pronunciare più il suo nome, associato a un fatto tanto grave.

 

I GENITORI DELLA VITTIMA. «Nadia non ritornerà mai più, ma almeno giustizia è stata fatta», avevano dichiarato, subito dopo la sentenza, i genitori e il fratello di Nadia Orlando, la giovane di 21 anni di Vidulis di Dignano (Udine), uccisa a pochi passi da casa la sera del 31 luglio 2017 dall’allora fidanzato che si era presentato con il cadavere della giovane al comando della polizia stradale di Palmanova confessando di averla strangolata.  La Corte d’Assise d’appello di Trieste ha infatti confermato venerdì la condanna a 30 anni di reclusione inflitta in primo grado a Francesco Mazzega, cui ha applicato anche la misura di sicurezza di 3 anni di libertà vigilata, una volta espiata la pena. È la mamma Antonella, visibilmente commossa e con gli occhi lucidi, a trovare le parole. «Non ci sarà mai una giustizia che riparerà al danno che ha fatto. Chi sbaglia deve pagare. Solo questo», afferma.

 

La mamma sosteneva anche di restare in attesa della decisione della Corte sulla richiesta di aggravamento della misura di Mazzega avanzata sempre venerdì dal Procuratore generale Federico Prato. L’uomo, 38 anni, si trovava agli arresti domiciliari con braccialetto elettronico nell’abitazione dei genitori a Muzzana del Turgnano dal 26 settembre 2017.

 

LA BATTAGLIA LEGALE. Gli avvocati di Mazzega, Mariapia Maier e Federico Carnelutti, subito dopo la sentenza, avevano annunciato l’intenzione di ricorrere  e si erano detti  pronti anche a «utilizzare tutti i rimedi che l’ordinamento offre per far valere le nostre ragioni» qualora la Corte decidesse di accogliere l’istanza di aggravio della misura e applicare la custodia cautelare in carcere. «Eravamo molto preoccupati - riferisce l’avvocato Maier - tanto che avevamo già espresso la nostra preoccupazione nelle sedi opportune per la questione mediatica che si era creata intorno a questa vicenda. Secondo me la giustizia deve essere applicata cercando di dare la pena che spetta e non soltanto una pena che deve portare serenità o tranquillità al dolore che purtroppo c’è e c’è in tutti». Nessuno di loro, evidentemente, immaginava che il proprio assistito sarebbe arrivato al suicidio.

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