Bracconaggio,
è un vero
bollettino di guerra

di Paolo Baldi
Gli archetti fanno ancora strageUn pettirosso catturato da un «sep»Trappole, fucili e reti con i sigilli dei carabinieri forestali  del Soarda
Gli archetti fanno ancora strageUn pettirosso catturato da un «sep»Trappole, fucili e reti con i sigilli dei carabinieri forestali del Soarda
Gli archetti fanno ancora strageUn pettirosso catturato da un «sep»Trappole, fucili e reti con i sigilli dei carabinieri forestali  del Soarda
Gli archetti fanno ancora strageUn pettirosso catturato da un «sep»Trappole, fucili e reti con i sigilli dei carabinieri forestali del Soarda

Centotredici persone denunciate in un solo mese di attività; quasi quattro al giorno. Tredici in più rispetto al già incredibile record negativo di due anni fa. Se qualcuno (tante persone, stando alle voci raccolte sul campo) si aspettava che l’incorporazione della Forestale nell’Arma dei carabinieri significasse un ridimensionamento dell’ azione contro i reati venatori è stato smentito dai fatti.

IL DATO arriva dall’«Operazione pettirosso» rilanciata quest’anno dai carabinieri forestale del Soarda e - oltre a sottolineare la capacità operativa di questo nucleo specializzato - conferma il primato nazionale del Bresciano, autentica terra di bracconieri. In moltissimi casi con la licenza di caccia. Per esempio sono, o meglio erano cacciatori i quattro fratelli di Tavernole che sono stati denunciati dopo che uno di loro era scappato durante un controllo al capanno. A loro carico c’è una denuncia plurima per la detenzione di richiami vivi di specie protette, per l’uso di anellini di identificazione degli uccelli modificati (grazie all’uso di un vero kit) e per l’omessa custodia di armi (per aver lasciato cinque fucili sparsi in case e rustici); ma l’aspetto forse più inquietante di questo episodio è legato proprio alla fuga. Il membro della famiglia che ha cercato di sparire è stato bloccato dai militari, ha affermato di sentirsi male per via dell’inseguimento ed è stato accompagnato all’ospedale di Gardone dagli stessi agenti. Qui una visita è una radiografia hanno chiarito il «quadro clinico»: l’uomo stava benissimo, a parte la «pesantezza» dovuta alla presenza di troppi pallini di piombo nel suo stomaco; quelli finiti nel corpo degli uccelli da lui abbattuti e poi mangiati.

Dalle situazioni grottesche alla recidività quasi patologica per riferire di un altro caso al limite dell’incredibile: quello di una bracconiera di Monticelli Brusati sorpresa dal Soarda sulle reti in una serata dei giorni scorsi e ripresa e ridenunciata mentre trappolava tranquillamente solo la mattina successiva alla sua prima verbalizzazione. La stessa donna è finita nei guai anche per ricettazione, perchè deteneva pezzi di carne di cervo e di cinghiale di provenienza illecita.

NEL MEZZO tantissimi altri episodi che dimostrano l’esistenza nel Bresciano di una vera filiera criminale legata all’avifauna. Emblematica, la vicenda del capannista gussaghese inguaiato dal possesso di centinaia di uccelli protetti morti e pronti per la commercializzazione, di trappole e di reti. Il cacciatore appartiene all’elenco degli operatori faunistici riconosciuti dalla Provincia e incaricati del contenimento (ovvero dell’abbattimento) delle specie definite «invasive», ma rientra anche nell’albo degli allevatori di uccelli riconosciuti sempre dal Broletto. Peccato che l’allevatore in questione non possieda assolutamente nulla, stanze adatte e neppure voliere, per svolgere questa attività. Una «lieve carenza» che però non gli impediva di smerciare uccelli catturati illegalmente «legalizzandoli» con anellini (anche questi ufficiali) della Foi chiaramente modificati grazie a pinze speciali.

Merita una citazione anche il cacciatore-trappolatore di San Zeno Naviglio che catturava volatili nel suo super roccolo allestito in giardino attraverso una «discoteca» per uccelli (i canti registrati di diverse specie incisi su cd erano sparati ad alto volume da un impianto stereo), e naturalmente la meritano gli altri numeri messi in fila dal Soarda in queste settimane.

I SACCHEGGIATORI bresciani dell’avifauna avevano messo in campo un armamentario formato da 199 reti e 959 trappole tra sep, archetti, gabbie a scatto e prodine. Ma sono diretti alla distruzione anche 50 fucili «normali» e i due clandestini «fatti in casa» da un gussaghese, così come decine di lacci per la cattura di piccoli carnivori e ungulati, 22 richiami elettroacustici e centinaia di anellini per avifauna.

E gli uccelli? Il Soarda ha messo i sigilli su 2.000 capi uccisi illegalmente (in alcuni casi hanno incontrato autentici trafficanti in possesso di migliaia di esemplari, con grande probabilità destinati ai ristoranti che giocano ancora la carta dello spiedo fuorilegge) e su 562 esemplari vivi, in questo caso liberati direttamente quando possibile oppure trasferiti per la riabilitazione in voliera nei centri per il recupero degli animali selvatici.

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