Allodola, la formula regionale bocciata dal Tar

Battaglie giudiziarie per l’allodola sempre più a rischio
Battaglie giudiziarie per l’allodola sempre più a rischio
Battaglie giudiziarie per l’allodola sempre più a rischio
Battaglie giudiziarie per l’allodola sempre più a rischio

In questo autunno segnato da dati allarmanti sul fronte del bracconaggio si inserisce anche una battaglia legale: quella per la protezione dell’allodola. L’ha lanciata la Lega per l’abolizione della caccia, che su questo tema ha appena registrato una sentenza non entusiasmante. Neppure per la Regione, che secondo la Lac «ha provato a bluffare anche su un accordo ufficiale, quello sottoscritto dalla Conferenza Stato Regioni che ha portato al Piano di gestione nazionale dell’allodola. Milano ha proposto formule e numeri che non stavano in piedi pur di permettere al maggior numero possibile di cacciatori di sparare a una specie che viaggia verso l’estinzione, e come risultato, oltre a pagare le spese di giudizio ha incassato dal Tar l’ennesimo stop». Tutto è nato dal ricorso promosso per la Lac dall’avvocato Claudio Linzola contro il decreto del 14 settembre scorso che, secondo la Lac, «ha finto di recepire le indicazioni del Piano nazionale mettendo in campo dati carenti o inesistenti e inventando figure improbabili come i cacciatori specializzati: i possessori di allodole vive come richiami. Peccato che gli specializzati sono diventati tali con una autocertificazione del possesso che nessuno ha mai controllato, anche perché i dati dell’anagrafe regionale dei richiami non sono in possesso delle polizie provinciali e dei carabinieri forestali». «Peccato anche che - prosegue l’associazione -, tra le condizioni per avere un parere dell’Ispra su questo decreto, la Regione avrebbe dovuto presentare i dati sugli abbattimenti annuali, e che dall’elenco mancavano gli ultimi tre anni. Peccato anche che, partendo da un dato medio di poco più di 125 mila allodole abbattute in ogni stagione, solo il carniere assegnato ai duemila specialisti sarebbe arrivato a 160 mila capi; alla faccia della necessità di ridurre il prelievo di una specie a rischio. E peccato infine che, sempre sulla base del carniere da spartire tra specializzati e generalisti, teoricamente si sarebbe potuti arrivare a tre milioni di abbattimenti». COME è finita? La sentenza del Tar ha definito illegittimo il decreto regionale, «ma non protegge questa specie in fortissimo declino». I giudici hanno infatti azzerato la distinzione tra specialisti e generalisti, e fatto riferimento al calendario ipotizzato dal Piano nazionale e recepito dalla Regione, con l’apertura limitata dal primo ottobre al 31 dicembre e la possibilità, per tutti, di abbattere 10 capi al giorno e 50 in tutto: «Una sconfitta per la Regione e un disastro per l’avifauna». •

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