Gianico: impiego
in collina,
cercasi eremita

di Domenico Benzoni
Il santuario della Madonnina di Gianico
Il santuario della Madonnina di Gianico
Il santuario della Madonnina di Gianico
Il santuario della Madonnina di Gianico

È un annuncio davvero molto speciale quello che arriva da Gianico. Quai un appello che rimanda a un’epoca suggestiva e solo apparentemente scomparsa. L’eremitaggio è infatti ancora vivo, ed è proprio un eremita, anche se soft, quello che si cerca per affidargli la cura dal santuario della Madonna del Monte. È caccia aperta a un «romit» disposto non vivere fuori dal mondo; magari isolao su un versante di montagna. No, in questo caso il luogo è panoramico, a pochi centinaia di metri dall’abitato e ben servito da tutto. Quasi una casa sulla collina, ma una casa tutta particolare. Si tratta appunto di prendersi a cuore la cura del santuario della Madonnina. L’attuale «romit», perché in paese ancora lo si chiama così, la signora Sonia Aicardi con la sua famiglia, che da diciassette anni fa le funzioni di sacrestana e custode, ha deciso di lasciare. La parrocchia va quindi alla ricerca di un’altra persona o di una famiglia che voglia fare una scelta di vita all’ombra dei cipressi del santuario. «La signora Sonia ha reso il servizio di custode con molta generosità e a lei va il ringraziamento di tutta la comunità di Gianico - commenta il parroco don Fausto Gregori -. Ora il posto è vacante e noi non intendiamo rinunciare a questo ruolo storico».

LA FIGURA del romit di Gianico affonda le origini nei secoli. Era il 1536 quando si decise di edificare la chiesetta del monte, per grazia ricevuta «desiderando il popolo di Ianico d’esser liberato dal grandissimo pericolo che gli soprastava, d’esser oppresso dalla valle Vedetta...il che subito miracolosamente ottenne». Così recita l’affresco votivo ancora oggi visibile nella casa annessa alla chiesa. All’assemblea delle Vicine competeva il compito di nominare il «romito», che doveva essere «uomo molto religioso...vestito da abito monacale decente, che coltivi bene il luogo della chiesa del monte mettendovi le viti, ingrassandolo e mettendovi l’acqua continuamente e che sia tenuto ad abitare nella casa di detta chiesa». Oggi i tempi sono cambiati, lassù le proprietà ecclesiali si sono ridotte, ma alcuni compiti rimangono: curare la pulizia, seguire le cerimonie religiose, aprire e accompagnare i visitatori, suonare le campane in caso di maltempo. E in merito a quest’ultimo punto, la memoria corre all’alluvione del 18 settembre 1960, quando alle 6,30 furono le campane tirate dal custode del santuario a dare l’allarme per la colata di fango che stava scendendo sul paese. Per gli interessati, don Fausto risponde allo 0364 531076 o via e-mail a don.faustogregori@gmail.com

Suggerimenti