Dramma sotto la Croce di Job «Ecco perchè si è spezzata»

di Mario Pari
Il crollo della grande croce di Job il 24 aprile del 2014 costò la vita a un giovane di 21 anni
Il crollo della grande croce di Job il 24 aprile del 2014 costò la vita a un giovane di 21 anni
Il crollo della grande croce di Job il 24 aprile del 2014 costò la vita a un giovane di 21 anni
Il crollo della grande croce di Job il 24 aprile del 2014 costò la vita a un giovane di 21 anni

«Non può affermarsi con certezza che i due imputati si siano resi autori di omissioni collegate etiologicamente alla rovina della croce del Papa e quindi deve pervenirsi a una soluzione assolutoria». Così, nelle motivazioni della sentenza che ha stabilito l’assoluzione di don Santo Chiapparini e don Ivo Panteghini, al termine del processo celebrato con rito abbreviato e concluso il 21 febbraio scorso. La vicenda giudiziaria è quella scaturita dal crollo della croce di Job che, il 24 aprile provocò a Cevo la morte di Marco Gusmini, un giovane bergamasco di 21 anni. Era in gita con altri ragazzi dell’oratorio di Lovere che però riuscirono a scappare quando udirono uno scricchiolio prima del crollo. PARLANDO dei due sacerdoti, assistiti dall’avvocato Gerardo Milani, nelle motivazioni si spiega che facevano parte dell’associazione «Croce del Papa» e che, in quanto sacerdoti,«ben si può immaginare, protesi più alla soluzione di problematiche di natura consona al loro ministero rispetto a quella tecnica afferente la manutenzione dell’opera». E «Sebbene la veste religiosa non possa certo essere eretta ad argine di responsabilità, purtuttavia tale dato non può essere sottaciuto nell’indagine circa l’esistenza dell’elemento soggettivo sebbene non possa negarsi che in capo a tutti i componenti del consiglio direttivo dell’associazione gravasse quanto meno un potere di impulso o di iniziativa rispetto al profilo manutentivo, non potendosi scaricare sul presidente ogni competenza al riguardo». Per il giudice si impongono però dei «distinguo in relazione alla posizione dei componenti» E uno riguarda: «il dato temporale di appartenenza degli stessi al consiglio direttivo». Questo va considerato tenendo presente che «causa del progressivo deterioramento della Croce del Papa» era «proprio la grave e perdurante carenza della manutenzione». Una carenza che: «comportava il mancato approntamento di un piano di controllo e di manutenzione periodici che - è evidente - del tutto plausibilmente ritardavano la percezione dell’inizio del processo di ammaloramento del legno della parte sommitale». Ma «gli stessi esperti non erano in grado di affermare quando tale processo di aggravamento delle condizioni della Croce del Papa avesse inizio in termini di progressività; in altri termini non può affermarsi con precisione se prima dell’uscita di scena» dei due sacerdoti «il deterioramento del legno fosse già a un avanzato stadio e neppure se una iniziativa manutentiva da parte del consiglio direttivo secondo i criteri indicati nel manuale avrebbe consentito di evitare o di rallentare il processo di ammaloramento che, il giorno del crollo, cagionava il letale evento». Quindi l’assoluzione. LE MOTIVAZIONI concludono: «La circostanza che sotto il manufatto, in area comunale - ove solo gli organi comunali avrebbero potuto impedire l’accesso del pubblico - si trovasse il giovane poi ucciso in conseguenza del crollo, ben potrebbe reputarsi conseguenza esclusiva della omessa adozione da parte di organi comunali di strumenti atti a impedire l’accesso nell’area adiacente al manufatto, avendo essi la consapevolezza che si trattava di una struttura in precario equilibrio». • © RIPRODUZIONE RISERVATA

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