Allevatori esasperati: «Così si muore»

di Lino Febbrari
La sfilata dei capi di bestiame durante il rito della transumanza
La sfilata dei capi di bestiame durante il rito della transumanza
La sfilata dei capi di bestiame durante il rito della transumanza
La sfilata dei capi di bestiame durante il rito della transumanza

In tono minore rispetto allo scorso anno (non è stato aperto neppure il Centro intervallivo zootecnico di via Sora), con molti meno animali a sfilare con pioggia e nuvole basse, l’associazione allevatori di Edolo ha riproposto la rievocazione del rito della tansumanza.

L’EVENTO, che si è svolto tra viale Caduti del Lavoro, viale Derna, via Battisti, piazza Martiri e via Porro, è servito soprattutto ai pochi imprenditori agricoli che ancora operano in paese per ribadire le enormi difficoltà con le quali ogni giorno si devono confrontare e il concreto rischio che a breve l’attività dell’allevamento possa sparire completamente dal territorio comunale. «Siamo arrivati veramente alla canna del gas - afferma Alessandro Marzona, ideatore della manifestazione zootecnica, recentemente costretto a disfarsi del piccolo gregge di capre Bionde dell’Adamello che allevava sulle pendici del Monte Faeto - e nella stessa brutta situazione sono quasi tutti i nostri colleghi dell’alta Valle». Perché si è arrivati a questo punto? «La colpa è delle istituzioni, in primis della Comunità Montana, perché sostanzialmente se ne fregano di tutti noi. Che non chiediamo denaro in regalo: gli allevatori non vogliono mance una tantum, pretendono solo che il frutto del loro lavoro, il latte, venga ripagato al giusto prezzo e non 31 centesimi più Iva il latte vaccino e 66 più Iva il caprino. Ci sono poi tutta una serie di altre problematiche, che però nessuno, politici e tecnici, ha voluto o tentato di risolvere facendoci sedere tutti attorno a un tavolo». E poi Marzona affonda il colpo parlando delle stalle. «Premesso che tutti non hanno i soldi per costruire strutture rispettose delle norme - evidenzia l’allevatore - ultimamente succede che accontentano un imprenditore su dieci lasciandogli fare quello che vuole dove vuole, e invece rimandano al mittente progetti simili a quelli approvati, probabilmente solo perché i proponenti non rientrano nel giro giusto. Altri allevatori sono tenuti buoni con anticipi di denaro sulle forniture di latte. Ci sono poi realtà agricole mascherate da onlus, costantemente finanziate da fondi pubblici, mentre un povero Cristo si deve arrangiare a tirare avanti. Per finire con i caseifici che pretendono la qualità del latte - conclude Marzona - e fanno pubblicità proponendo prodotti ottenuti da animali al pascolo negli alpeggi, e che invece ottengono principalmente da bovine parcheggiate nelle stalle».

E che la situazione nella zona di Edolo sia davvero difficile lo testimoniano i numeri: fino a pochi decenni fa l’allevamento era forse il settore trainante dell’economia locale, mentre oggi operano meno di dieci aziende zootecniche che complessivamente allevano circa 200 bovini e poco meno di 300 capi tra pecore e capre. C’è poco da essere allegri.

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