Ucciso a coltellate
dal figlio adottivo
dopo l’ennesima lite

di Giuseppe Spatola
Ucciso a coltellate dal figlio adottivo dopo l'ennesima lite
Ucciso a coltellate dal figlio adottivo dopo l'ennesima lite
Omicidio Fiesse (Fotolive)

L’ultima telefonata alle 13, concitata e interrotta dalle lacrime. Poi il silenzio, con la fidanzata Antonella rimasta ad aspettare inutilmente un cenno di resa, un messaggio conciliatorio. Invece Sebastian Stepinski, 45 anni di origini polacche ma residente da tempo a Fiesse, non si è più fatto sentire. Chiusa la chiamata con la compagna, conosciuta 14 mesi fa alla comunità Gabbiano, si è infilato i pantaloni della tuta, le scarpe e una felpa. Sebastian ha messo in fila cinquecentosette pesanti passi, dalla cascina di via XX Settembre fino al primo bar di Fiesse. Visibilmente ubriaco, ha incassato il «no» del titolare. Quindi ha girato i tacchi e ancora più cupo ha cercato comunque rifugio nel demone che stava combattendo da tempo. Alla fine tre birre non hanno spento il fuoco che gli bruciava in testa. Alle 15, rientrato a casa è bastata una parola di troppo di papà Marino Pellegrini, ex camionista di 74 anni, per fargli odiare quello sguardo severo gettatogli addosso davanti a mamma Teresa. E così la mano ha stretto forte il coltellaccio da carne appoggiato sul tavolo. Un pugno, uno spintone. Poi almeno undici coltellate furiose a scaricare l’ira e affogarla nel sangue. Attimi di panico e la chiamata ai soccorritori fatta da Teresa, la madre naturale che da vent’anni divideva il cuore e la casa con Marino Pellegrini. E dire che l’uomo si era addossato anche il fardello dei due figli «adottati» già grandi ma amati come se fossero suoi, nel bene e nel male. Ne sapeva qualcosa proprio Sebastian, che prima nel 2009 e poi lo scorso anno, era finito nei guai per storie di violenza, droga e abuso di alcool. Drammi a cui Marino aveva sempre messo una pezza cercando una via dignitosa per il figliastro. Sforzi finiti sulla lama di un coltello, con l’ultimo respiro trattenuto in gola nel tentativo disperato di calmare il 45enne. Tutto inutile. Quando i Carabinieri sono entrati in casa per il pensionato non c’era più nulla da fare. E dire che da tempo in paese si diceva che la tragedia sarebbe stata vicina. Sempre più spesso, infatti, Marino si presentava con vistosi lividi sulle braccia. MA DAVANTI alle domande degli amici lui rispondeva composto: «Mi son fatto male facendo lavoretti in casa». Invece dietro c’era una storia casalinga fatta di violenze e percosse quotidiane. Una situazione che qualche settimana fa lo avrebbe portato anche a chiedere l’intervento del 112. Ieri l’epilogo, drammatico. «Si tratta di un delitto in famiglia», ha liquidato il sostituto procuratore Ambrogio Cassiani, magistrato di turno arrivato sul posto con i carabinieri di Verolanuova. Ora spetterà a lui dare un perché alla tragedia. Forse quell’ultima telefonata di Antonella ha destabilizzato Sebastian facendogli perdere il senno. «L’ho sentito alle 13 - ha confermato la donna -. Abbiamo discusso, volevo chiudere la nostra storia e lui si è arrabbiato. Lo stavo aiutando a smettere di bere. Ho capito che era successo qualcosa in serata, quando né lui né Teresa mi hanno più risposto. Marino voleva bene a Sebastian e lo ha sempre protetto. Il sette giugno avrebbe avuto una udienza per l’incidente che aveva avuto lo scorso anno. Ma eravamo sereni. Ora vivo con il rimorso. Aspettavo una sua chiamata che non è più arrivata». E ieri sera Sebastian (che dovrà rispondere di omicidio volontario) davanti ai Carabinieri ha raccontato la sua verità. Quindi in silenzio è stato inghiottito dal nero pesto della cella, senza poter fare quell’ultima telefonata e tenere lontani i demoni che hanno armato la mano contro papà Marino. • Giuseppe.spatola@bresciaoggi.it

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