Stock di scorie anomale: aggiornato il processo ai vertici della Macogna

di C.REB.
Una veduta aerea della discarica Macogna di Cazzago San Martino
Una veduta aerea della discarica Macogna di Cazzago San Martino
Una veduta aerea della discarica Macogna di Cazzago San Martino
Una veduta aerea della discarica Macogna di Cazzago San Martino

Un fuoco di sbarramento di eccezioni preliminari sollevate dalla difesa e una memoria degli imputati hanno spinto il giudice ad aggiornare al 20 giugno il processo agli ex vertici della discarica della Macogna. NELL’UDIENZA di apertura di ieri, l’avvocato Alessandro Stefana, che difende il legale rappresentante e il direttore della Drr, ex proprietaria dell’impianto tra Cazzago, Travagliato, Berlingo e Rovato, ha rimarcato in particolare la presunta indeterminatezza e la contraddittorietà del capo di imputazione. I due imputati sono chiamati a rispondere per uno stock di rifiuti non conformi - oltre 15 mila tonnellate di scorie di fusione con concentrazione di molibdeno e bario superiori ai limiti fissati dalle autorizzazioni - approdati nella contestata discarica della Macogna nell’estate 2015. Il giudice ha deciso di rinviare la discussione al 20 giugno per far sì che pm e parti civili possano prendere visione della memoria difensiva. Nel procedimento, oltre alla Provincia, anche Legambiente, attraverso il suo legale Pietro Garbarino, ha chiesto di poter esercitare l’azione risarcitoria. «IL COMITATO regionale di Legambiente - spiega Garbarino -, è delegato a sovrintendere alla tutela di tutti gli interessi statutari nell’ambito del territorio. Per questa ragione si deve ritenere che ogni reato ambientale a cui conseguano effetti dannosi al territorio leda direttamente l’associazione, che deve pertanto ritenersi soggetto danneggiato e legittimato a richiedere il risarcimento del danno». In particolare, per quanto riguarda la Macogna, Garbarino sottolinea che «si tratta di aver ricevuto rifiuti inidonei ad essere smaltiti, inserendo nell’ambiente e nel sottosuolo materiali ritenuti nocivi, pericolosi e comunque inquinanti, nonché di aver provocato un danno ambientale tale da mettere in pericolo il territorio e la salute dei cittadini». Dall’aprile dello scorso anno la gestione dell’impianto da 1,3 milioni di metri cubi - su cui pende il ricorso al Consiglio di Stato del Comune di Cazzago - è passata dalla Drr alla Eredi Compagnia Nazionale.

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