Nella patria del manzo il macello è in declino

di Giancarlo Chiari
Il macello di Rovato è allineato  alle direttive dell’Unione europea Una foto d’epoca del mercato del bestiame della capitale della Franciacorta strettamente legato allo storico mattatoio  pubblico
Il macello di Rovato è allineato alle direttive dell’Unione europea Una foto d’epoca del mercato del bestiame della capitale della Franciacorta strettamente legato allo storico mattatoio pubblico
Il macello di Rovato è allineato  alle direttive dell’Unione europea Una foto d’epoca del mercato del bestiame della capitale della Franciacorta strettamente legato allo storico mattatoio  pubblico
Il macello di Rovato è allineato alle direttive dell’Unione europea Una foto d’epoca del mercato del bestiame della capitale della Franciacorta strettamente legato allo storico mattatoio pubblico

Nella «capitale» della carne di qualità, nessuno vuole gestire il macello. Nella «culla» del manzo all’olio, il piatto tipico simbolo con lo spiedo della brescianità, il moderno mattatoio rischia un lento declino. Rovato non riesce a portare a termine la privatizzazione della struttura di macellazione, l’ultimo macello pubblica della Franciacorta: i privati snobbano la struttura allineata ai parametri europei grazie alla radicale operazione di restyling promossa nel 2004 con un investimento di 400 mila euro. La decisione e le modalità di affidare la gestione ai privati del mattatoio attraverso un bando era stata presentata a luglio dal sindaco Tiziano Belotti e dal presidente del consiglio Roberto Manenti. Il Consiglio comunale aveva approvato il progetto, delegando all’esecutivo la trattativa e bando, ma in finora alla segreteria del Comune non sono pervenute offerte.

PARADOSSALMENTE il paese che ospita Lombardia Carne, la più longeva fiera dedicata alla filiera zootecnica non riesce a trovare un gestore. Le cause sono molteplici e trasversali: pesa sicuramente la difficoltà del settore che paga la concorrenza della grande distribuzione, ma il macello paga anche il fatto di essere custodito in un edificio di grande pregio architettonico. Il mattatoio ha gradualmente perso i suoi interlocutori privilegiati, ovvero i commercianti di qualità e quelli della filiera corta. La riduzione dei consumi di carne, ha provocato la diminuzione delle macellazioni di singoli capi per consumi familiari, e con queste sono diminuite anche i laboratori di lavorazione artigianali che a Rovato, negli anni Settanta avevano sperimentato, prime in Italia, la tracciabilità dei prodotti.

La rinuncia alle macellazioni rituale di ovicaprini per la festa di Abramo ha ridotto ulteriormente l’attività e la struttura che una trentina di anni fa macellava diverse centinaia di capi l’anno negli ultimi anni, pur garantendo il rispetto delle normative è diventato antieconomico. Usato per le lezioni di pratica dei norcini è sempre meno utilizzato e per il Comune che lo gestisce è sempre un problema pareggiare costi ricavi. Per una città come Rovato, che nell’ultimo decennio ha registrato con l’aumento dei residenti anche l’arrivo di diversi centri commerciali, l’ultimo a poche decine di metri dal macello, l’affidamento ai privati resta in effetti l’unica strada alternativa alla futura chiusura, ma al momento nessun privato è disposto a investire.

Per i potenziali gestori il problema maggiore sembra l’architettura: l’edificio è un raro esempio di stile liberty nella città, sottoposto a vincolo. Una circostanza che rende ogni modifica strutturale e funzionale complessa sotto il profilo dell’iter e più costosa per quanto riguarda gli investimenti. Così nella capitale del manzo all’olio, il mattatoio rischia di essere arrivato alla frutta.

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