Cementificio, la parola passa al referendum

Il cementificio di Tavernola al centro del referendum del 20 maggio
Il cementificio di Tavernola al centro del referendum del 20 maggio
Il cementificio di Tavernola al centro del referendum del 20 maggio
Il cementificio di Tavernola al centro del referendum del 20 maggio

Giuseppe Zani Si svolgerà domenica 20 maggio il referendum sul futuro del cementificio di Tavernola Bergamasca. Al suo esito guardano, come a un segnale di svolta, tutti i paesi che fanno corona al Sebino. Il quesito cui dovranno rispondere sì o no i votanti è il seguente: «Ritieni che il Comune debba agire nella direzione della riconversione o dismissione del cementificio verso altre attività a ridotto impatto ambientale e paesaggistico?». PROMUOVENDO questa consultazione popolare, l’Amministrazione municipale ha voluto non solo opporsi al co-incenerimento dei rifiuti non pericolosi nei forni del cementificio, ma anche ipotizzare una diversa destinazione d’uso dell’area su cui adesso sorge lo stabilimento. Spiega il vicesindaco Joris Pezzotti: «Non si può più scindere il destino del cementificio dall’utilizzo dei Css-c, ormai considerati non più rifiuti ma combustibili dal decreto del Ministero dell’Ambiente datato 20 marzo 2013: è sulla base di questa nuova classificazione che prima o poi, insieme al pet-coke, si bruceranno i Css-c a Tavernola. Meglio allora cominciare a pensare alla riconversione dello stabilimento verso una qualsiasi altra attività turistica o di svago». Il cementificio, acquisito di recente dalla Italcementi, controllata dall’Heidelberg Group, occupava negli anni ’70 oltre 400 dipendenti: oggi ne conta circa 70, di cui 35 tavernolesi, la metà dei quali prossimi alla pensione. Sarebbe relativamente facile, secondo Joris Pezzotti, ricollocare gli attuali posti di lavoro in altri settori. Tanto più che l’Unione Europea destina ingenti finanziamenti alla riconversione di industrie non più decisamente concorrenziali. L’avvio del co-incenerimento a Tavernola è stato autorizzato il 16 novembre 2017, sia pure per 5 mesi e sotto monitoraggio, da una determinazione dirigenziale della Provincia di Bergamo. Ancora non è partito, però. Contro il placet, il 20 gennaio il Comune ha fatto ricorso al Tar di Brescia e adesso ha indetto il referendum in questione. A SOSTEGNO dell’iniziativa municipale, sul finire del 2017 è nato il comitato «No inceneritore e attività estrattive sul lago d’Iseo», un organismo autonomo, guidato da Luca Capoferri. «I nostri aderenti, circa 400, sono preoccupati per l’impatto che il co-incenerimento dei rifiuti potrebbe avere sulla salute delle persone, sull’ambiente circostante e sul comparto turistico del Centro lago- racconta Luca Capoferri-. La fabbrica si trova nel cuore dell’abitato, vicino alle scuole elementari e medie. Davanti ha Montisola. Già adesso ci sono fumate e blocchi anomali. In prospettiva, speriamo che l’idea di riconvertire l’area industriale possa, in un arco di tempo ragionevole, andare a buon fine». Il 12 maggio Capoferri ha convocato un’assemblea pubblica. Il 29 aprile, invece, nella specchio d’acqua antistante il cementificio è in programma un flash mob di canoe, kajak e imbarcazioni per protestare contro il co-incenerimento autorizzato. Ci si sta mobilitando, insomma. Con il sostegno di tutti i paesi che si affacciano sul Sebino, compresi quelli bresciani. •

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