LA SVOLTA. Il rapporto preliminare dell’Istituto superiore della Sanità pone i primi punti fermi nell’epidemia di polmonite e morbo del legionario che colpì mille persone

«Legionella, il
contagio è partito
dal Chiese»

di Valerio Morabito

Valerio Morabito L’onda batteriologica che ha infettato quasi mille persone provocando almeno sette morti nell’enclave di confine compresa tra la Bassa Orientale e la provincia di Mantova è stata innescata dal Chiese e amplificata dalle torri di raffreddamento delle aziende che inconsapevolmente hanno alimentato i propri impianti con l’acqua prelevata dal fiume e dalla sua rete di affluenti. Quello che fin’ora era solo un sospetto sta trovando prove scientifiche nella ricerca condotta sotto l’egida del ministero della Salute dall’Istituto superiore di sanità. Il complesso incrocio dei dati sui pazienti e sulla natura dei batteri isolati ha messo a fuoco un comun denominatore nelle forme di polmonite batterica e legionella registrate da settembre a dicembre dello scorso anno. LA PARTE preliminare della ricerca epidemiologica è già stata trasmessa al Ministero della Salute in vista della risposta alle interrogazioni presentate al Governo da parlamentari bresciani e mantovani. Le anticipazioni sono eloquenti: l’acqua del fiume ridotta a una poltiglia densa dalla siccità e dalle alte temperature di fine settembre ha trasformato il Chiese in un una sorta di brodo di coltura batterica dove sarebbero proliferati i germi. Le aziende, all’oscuro della situazione di degrado igienico del Chiese, avrebbero continuato ad alimentare le torri di raffreddamento con le acque del fiume e dei suoi affluenti. Per semplificare il meccanismo bisogna immaginare dei mega aerosol, che invece di sostanze terapeutiche hanno nebulizzato nell'atmosfera una nube batteriologica. Dietro il fenomeno, per le autorità sanitarie, non si nasconderebbero negligenze delle attività produttive che hanno visto vanificate le misure di ordinaria sanificazione delle torri da un fenomeno imprevisto, ma non imprevedibile considerato che come anticipato da Bresciaoggi nei giorni successivi all’esplosione dell’epidemia, il Consorzio del Chiese aveva inviato una lettera alle autorità sanitarie paventando il rischio che il fiume si trasformasse in una bomba batteriologica. A confortare la tesi avanzata dal ministero della Salute e dell’Istituto superiore della Sanità le conclusioni del Centro di Riferimento nazionale della legionellosi. In sostanza è emersa una correlazione tra il Chiese e la legionella pneumophila sierogruppo 2, isolata nel fiume a Montichiari, Remedello e Carpenedolo, nell’area cioè dove si sono manifestati più casi. Intanto, in seguito all'epidemia nella Bassa, sono in arrivo nuove linee guida dal Ministero sulla legionellosi. Le prime conclusioni dell’attività di ricerca rispecchiano le parole del sottosegretario alla Salute Luca Coletto: «Il ministero e l'Istituto superiore di sanità collaborano già ad una revisione delle linee guida nazionali sulla legionellosi, alla luce delle nuove conoscenze scientifiche e alle ricerche condotte sui casi nazionali», ha affermato Coletto rispondendo alla Commissione affari sociali alla Camera ad un'interrogazione di Paolo Siani. Nel frattempo il Comitato di salute pubblica guidato da Carmine Piccolo ha incontrato il Prefetto di Brescia Annunziato Vardè. «Al prefetto che ha dimostrato grande sensibilità alla questione – afferma Piccolo – abbiamo esposto i punti della lettera già consegnata ai sindaci della Bassa e per scongiurare una nuova epidemia in estate abbiamo ribadito la necessità di controllare il Chiese e far si che i Comuni della zona rossa adottino un regolamento per spandimento fanghi». •

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