«La Castella 2?
Una Caporetto
dei sindaci»

di Cinzia Reboni
Castella 2: per Gianluigi Fondra la tattica della Loggia è stata un flop
Castella 2: per Gianluigi Fondra la tattica della Loggia è stata un flop
Castella 2: per Gianluigi Fondra la tattica della Loggia è stata un flop
Castella 2: per Gianluigi Fondra la tattica della Loggia è stata un flop

Cinzia Reboni È trascorso più di un mese dalla mobilitazione di amministratori, cittadini e comitati, sfociata nel mega corteo di protesta dell’8 settembre a Buffalora. Ventiquattro giorni dal sit-in nel cortile del Broletto per dire basta alle discariche. Ma ancora oggi non si conosce il destino della Castella 2, il sito scelto da Garda Uno per smaltire 905 mila metri cubi di rifiuti nell’enclave tra il territorio di Rezzato e il quartiere di Buffalora a Brescia. Dopo il via libera del 20 settembre della Provincia, i tecnici del Broletto - precisando che «il progetto è differente alla precedente richiesta, che era stata giudicata incompatibile con i criteri regionali sia per gli impatti sulla matrice idrogeologica che sulla qualità dell’aria» - avevano chiesto una decina di giorni di tempo per redarre la scheda tecnica, che oltre a fissare alcuni «paletti», dovrebbe chiarire perché il fattore di pressione regionale non sia riuscito a bloccare l’iter autorizzativo. Ma tutto tace. Nel frattempo, il clima politico si è surriscaldato attraverso prese di posizione polemiche e «avvelenate». Sullo sfondo restano il ruolo e la posizione dei sindaci dei Comuni soci di Garda Uno, ma soprattutto i presunti errori strategici degli amministratori nella gestione della partita. «Inutile nascondersi dietro un dito, la compattezza dei Comuni si è sgretolata - ammette Gianluigi Fondra, assessore uscente all’Ambiente del Comune di Brescia e presidente del Parco delle Colline -: per 5 anni ho contrastato aperture e ampliamenti di discariche con argomenti molto forti, ma nell’ultimo periodo si è cambiata direzione. Dal punto di vista urbanistico, si sarebbe potuto difendere meglio il territorio estendendo il perimetro del parco delle Colline al parco delle Cave. Oggi siamo più vulnerabili, perchè qualcuno ha diviso una cosa che invece era unita». Il riferimento è al Plis - parco locale di interesse sovracomunale - adottato dalla Loggia grazie alla tenace opera di Fondra. Un progetto di riqualificazione ecologico-ambientale della cintura verde periurbana di valenza strategica, in grado di costituire una forma di contrasto rispetto all’avanzare dell’urbanizzazione, al degrado e al consumo di suolo. «Ma l’allora capogruppo Pd e consigliere provinciale Fabio Capra ha preteso e ottenuto un mini-Plis autonomo - accusa Fondra -. Siamo gli unici in Lombardia ad avere due Plis: il primo, quello delle Colline, oltre al capoluogo si estende per 4 mila ettari nei Comuni di Bovezzo, Cellatica, Collebeato, Rodengo e Rezzato, il secondo riguarda invece solo Brescia. Si è insomma andati nella direzione opposta del parco regionale, che avrebbe potuto accedere a dei finanziamenti del Pirellone».

PER FONDRA «questa è una Caporetto. L’assemblea dei sindaci aveva già approvato il progetto di espansione del Plis, già esteso all’asta del Mella, più Caionvico e Botticino, che questa settimana farà istanza di adesione al Parco delle Colline. Si andava nell’ottica del “parco di cintura“, da Rodengo a Rezzato, comprese le aree pianeggianti di valore e quelle da rinaturalizzare, come le ex-cave. Ma poi, in previsione delle elezioni comunali, è saltato tutto all’inizio del 2018. Abbiamo fatto un passo indietro, e Rezzato è rimasto solo. Non è demagogicamente guardando al proprio orticello che si può progettare il futuro». Il «parco di cintura», spiega Fondra, «va contro le richieste di nuove discariche: per i Comuni la fase degli impianti industriali deve concludersi il più in fretta possibile. Ma come fare, se la stessa Provincia non ha ancora deciso nulla sul piano cave già scaduto da quattro anni, negando una possibile programmazione del tessuto urbanistico? Oltre a scandalizzarsi a parole, perché presidente e consiglieri provinciali dall’ottobre del 2014 ad oggi non hanno rinnovato il piano cave, riducendo al minimo le escavazioni?». Quanto alla Castella 2, «tra i rifiuti autorizzati, tranne gli inerti da demolizione, nell’elenco ci sono tutti i derivati dalla raccolta differenziata: carta e cartone, plastica e gomma, legno degli ingombranti, prodotti tessili. É vergognoso disporre di un termoutilizzatore in grado di produrre calore per il teleriscaldamento ed energia elettrica e conferire questo tipo di rifiuti in discarica. Metterli sotto terra è un danno ecologico e uno schiaffo alle direttive Ue che parlano chiaro: prima la termovalorizzazione dei rifiuti non altrimenti differenziabili, poi la discarica». Ma come possono i Comuni fermare la Castella 2? «Si parla di un ricorso, ma le azioni legali devono avere argomenti forti - spiega Fondra -, non basarsi solo sulla modalità, sulla durata dell’impianto e sui codici Cer. Se il diritto degli industriali viene prima del rispetto della programmazione urbanistica, è un disastro. Per Garda Uno, la discarica tra Buffalora e Rezzato è solo un modo per trattare i rifiuti spendendo meno e pensare solo ai propri lucrosi bilanci. Se c’è una norma che impedisce di aprire impianti di trattamento rifiuti in zone turisticamente significative, come lo è appunto il Garda, è evidente che quell’area ha un valore territoriale che altri non hanno. Quindi avrebbero il dovere di contribuire, pagando di più per smaltire nel termoutilizzatore i rifiuti che derivano dall’attività ricettiva, forte dei copiosi incassi derivati della tassa di soggiorno degli oltre 8 milioni annui di presenze turistiche nella sola sponda bresciana». «La debolezza del sistema derivante dalla scelta del Comune di Brescia di attuare un mini-Plis autonomo si farà sentire anche in caso di un ricorso contro la Castella 2 - conclude Fondra -: avremmo potuto essere tutti più forti, fare fronte comune, come è stato fatto per la prima istanza. Ma non sarà così, purtroppo».

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