Tariffe più attente ai territori

Al referendum ha votato il 22,3 per cento del corpo elettorale
Al referendum ha votato il 22,3 per cento del corpo elettorale
Al referendum ha votato il 22,3 per cento del corpo elettorale
Al referendum ha votato il 22,3 per cento del corpo elettorale

Alla fine il referendum sull’obbligo di mantenere pubblica anche la gestione dell’acqua si è fatto. Il dato più rilevante è la scarsa partecipazione, figlia certamente dei tempi di disimpegno che viviamo, ma soprattutto del fatto che i bresciani non avvertono il tema dell’acqua come un’emergenza e sono per la maggior parte soddisfatti della qualità del servizio. Ma se questo è vero (pur con qualche ricorrente eccezione negativa) per l’acqua che esce dal rubinetto, lo è assai meno per la tenuta della rete, che perde grandi quantità di acqua, e soprattutto per la depurazione, spesso non efficiente e, in qualche caso, neppure esistente. IL REFERENDUM poteva essere quindi un’occasione utile per fare chiarezza e dare informazioni complete sulla reale situazione del ciclo idrico nella nostra provincia. Peccato che il quesito fosse molto ideologico e, sostanzialmente, abbia sbagliato la mira. Si è giocato molto sul rischio di privatizzazione dell’acqua, come se si trattasse di decidere sulla sottrazione della risorsa ai cittadini per venderla a qualche privato, magari straniero. È meglio chiarire che l’acqua è pubblica per legge. Lo sono le fonti, che siano sorgenti, falde o bacini lacuali, e non sono mai privatizzabili, così come è pubblica la rete di trasporto, cioè gli acquedotti. Inoltre la tariffa, cioè il costo di un metro cubo di acqua, è fissato dall’Ato (Ambito territoriale ottimale), l’Autorità pubblica che regola il bacino, sulla base dei criteri stabiliti dall’Autorità di Regolazione per Energia, Reti e Ambiente (Arera). Ciò che Comuni e Provincia hanno deciso tre anni fa è di mettere in gara il 49 per cento della sola società di gestione. Oltretutto uno dei possibili partecipanti alla gara è A2A, che già gestisce il ciclo idrico di decine di comuni e che ha una maggioranza di controllo pubblica. I COMUNI in cui la partecipazione è stata più alta, come in Valle Camonica o nell’alto Garda, sono quelli che rivendicano una gestione autonoma dell’acqua e tariffe più basse. Ma la legge non permette più le gestioni in autonomia dei singoli comuni e il principio fondamentale della, per alcuni famigerata, Legge Galli è proprio la gestione del ciclo dell’acqua per bacini integrati e i vertici di Acque Bresciane hanno ribadito che questo principio non è in discussione. La campagna sul referendum è stata troppo giocata sull’equivoco tra la privatizzazione dell’acqua come risorsa, che non può che rientrare tra i beni pubblici intangibili con reti pubbliche e tariffe fissate dalle Autorità pubbliche, e la sua gestione, per la quale l’unico criterio utile è quello della qualità e dell’efficienza. Allora come tener conto dell’esito del referendum? Credo che la prima indicazione riguardi proprio la natura pubblica dell’acqua, che comporta per tutti il diritto di fruirne ma anche l’obbligo di salvaguardarla. Cioè di contribuire a finanziare il completamento e il miglioramento della rete e degli impianti di depurazione. Quindi che tutti paghino in tariffa una sorta di «quota di salvaguardia» dell’acqua come bene pubblico è giusto. LA SECONDA indicazione è che questo dovere deve tener conto degli investimenti già fatti in un comune o in un ambito, dei costi di gestione, ecc... e deve quindi essere calibrato facendo pagare di meno a chi ha una rete efficiente, a chi depura bene le acque, a chi spende poco per gestire il servizio. Insomma, tariffe meno rigide e più attente alle diverse realtà locali possono coniugare la necessità di una gestione unitaria con quella di un giusto onere per il servizio e la tutela delle acque. In questo modo anche i comuni «autonomisti» potranno trovare ragioni per aderire al servizio integrato e contribuire alla tutela di una risorsa che è di tutti e per sua natura non è divisibile, senza gravare troppo i propri cittadini con tariffe troppo elevate e avvertite come ingiuste. • © RIPRODUZIONE RISERVATA

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