La morsa si allenta
ma il rischio abbattimenti
tiene alzata la guardia

Ettore Prandini di Coldiretti
Ettore Prandini di Coldiretti
Ettore Prandini di Coldiretti
Ettore Prandini di Coldiretti

Una buona notizia, c’è: da cinque giorni non si registrano nuove infezioni di aviaria in tutta la provincia. Tutti i tamponi effettuati nelle ultime ore sono risultati negativi al virus. Un segnale positivo in un quadro che resta critico.

L'attesa deroga del Ministero per poter macellare i volatili - quelli sani, inseriti nelle zone di sorveglianza - fuori dai confini della Lombardia, non è ancora stata messa nero su bianco. Attualmente sono 65 gli allevamenti che, in ragione dell’epidemia, rientrano nelle «zone di protezione»: 54 nel distretto veterinario di Leno, 8 in quello di Lonato e 3 nel distretto di Rovato. Per fare il punto della situazione, oggi stesso nel pomeriggio è previsto un incontro nella sede di Leno di Confagricoltura.

SFUMA intanto la possibilità di trasportare gli animali in Veneto, evitando così l’abbattimento di altri capi, che andrebbero ad aggiungersi ai 923 mila soppressi perché già infetti o semplicemente «a rischio» (il cosiddetto depopolamento).

Si fa sempre più pesante sul piano delle perdite finanziarie l'epidemia di influenza aviaria che ha già bruciato in provincia di Brescia più di 8 milioni di euro. La deroga avrebbe concesso di «esportare» negli impianti di trasformazione del Veneto gli animali sani attualmente in «quarantena» nella Bassa bresciana, epicentro dei focolai.

«L’unica possibilità per gli allevatori inseriti nella fascia di restrizione - conferma Fabio Rolfi in veste di presidente della commissione regionale Sanità - è di macellare polli, galline e tacchini immuni al virus nelle tre strutture della provincia di Brescia. Ma il problema è che gli impianti non sono in grado di gestire il surplus di domanda e molti capi sono ormai fuori pezzatura perché ingrassati troppo sugli standard».

SUL FRONTE del ristoro dei danni, oltre agli indennizzi per i capi soppressi e quelli per gli allevamenti «bloccati» in zona di sorveglianza, «la Regione ha chiesto al ministero che vengano rimborsati anche i mancati accasamenti, ovvero i danni per la sospensione dell’attività zootecnica», annuncia Rolfi.

Una richiesta inserita anche nel pacchetto di misure straordinarie «salva pollai» invocate dalla Coldiretti, presentate ieri al ministro dell'Agricoltura Maurizio Martina. «Bisogna intervenire subito e con incisività per sostenere gli allevamenti colpiti dai danni diretti ed indiretti causati dalle misure di prevenzione rese necessarie per confinare i focolai e fermare la malattia - afferma Ettore Prandini, vicepresidente nazionale di Coldiretti -. Abbiamo sollecitato l'introduzione nella finanziaria di una voce che copra anche le perdite subìte per il blocco della movimentazione con conseguente aumento significativo del peso degli animali, e per i costi aggiuntivi di alimentazione per i giorni di permanenza extra dei volatili all’interno dell’allevamento. La macellazione fuori regione è importante per alleggerire gli allevamenti e risolvere molti problemi: più teniamo gli animali bloccati, più c’è rischio contagio».

SULLA STESSA lunghezza d'onda Gianni Comati, presidente del Distretto filiera avicola Lombardia, che tuttavia pone l'accento sul problema del giusto indennizzo. «I calcoli vanno calibrati sulle dimensioni degli allevamenti e sui costi peculiari del comparto, come per esempio quelli legati all'impossibilità di ricorrere alla cassa integrazione per i dipendenti. In occasione dell'epidemia del 2000, l'assessore regionale dell'epoca Viviana Beccalossi aveva promosso un bando di aiuti triennali per investire in biosicurezza. Quei fondi e quegli investimenti hanno portato ad una situazione di tranquillità fino ad oggi, salvo casi sporadici. Servono dunque risorse per affrontare l'emergenza ma anche per rafforzare la prevenzione». C.REB.

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