Acqua pubblica,
Brescia è un
«laboratorio»

di Cinzia Reboni

Per le utility si tratta di un colpo di spugna che cancellerà gli sforzi finanziari e tecnologici promossi negli ultimi 30 anni per migliorare la rete idrica nazionale e allinearla agli standard europei. Un passo indietro che porterà in alcuni casi ad un innalzamento del 15% del costo medio delle tariffe. Per i comitati è invece una rivoluzione destinata a sottrarre dalle logiche del business un bene collettivo come l’acqua. Il disegno di legge sul ciclo idrico proposto dalla deputata del M5S Federica Daga sta facendo discutere. La proposta è di riportare il servizio di distribuzione e depurazione dell'acqua sotto il controllo totalmente pubblico. Quindi di toglierlo a qualsiasi forma di società commerciale, sia ai privati, sia alle società per azioni anche quando sono controllate dal pubblico. Queste ultime - anche nelle forme miste pubblico-privato - coprono il 97% del servizio in Italia. Il dibattito sull’embrione di legge riflette lo spirito e le rivendicazioni del referendum provinciale sull’acqua in programma il 18 novembre. Il Governo vuole anche togliere le competenze di controllo e di verifica degli investimenti all'Arera, l’authority che sovrintende ai servizi di energia, rifiuti e servizio idrico integrato. Il costo per subentrare negli investimenti alle utility si aggira sui 15 miliardi. E reperire le risorse non sarà facile.

UN PROBLEMA che tocca anche il Bresciano. Con o senza i privati, Acque Bresciane, il gestore del ciclo idrico della provincia, dovrà far fronte a mega investimenti: per fognature, depuratori e restyling della rete servono 1,4 miliardi entro 30 anni. Ventotto paesi bresciani sono senza depuratore, in 42 il collettamento è parziale e in altri 19 gli impianti non sono conformi. Nella maggioranza dei casi sono investimenti di A2A, che ha in gestione 78 Comuni, ma poi ci sono i lavori già realizzati e quelli progettati da Acque Bresciane, il gestore unico dove sono entrati 90 paesi (Garda Uno e Aob2). Se dal referendum dovesse emergere la richiesta netta di una gestione 100% pubblica o fosse approvato il disegno di legge, la gara promossa per scegliere il socio privato per il 40% di Acque Bresciane verrebbe sospesa.

A2A CONTINUEREBBE a servire i propri Comuni, che entrerebbero in Acque Bresciane alla scadenza delle concessioni, per un terzo della platea dei paesi prevista nel 2023. Ma a quella data molti investimenti potrebbero non essersi conclusi, perciò bisognerà reperire le risorse senza il supporto della miltiutility. Il che porterebbe comunque ad un aumento progressivo delle tariffe che, per legge, devono coprire gli investimenti. In questo contesto le utility che gestiscono le reti idriche si schierano compatte contro la proposta di legge. I vertici di Hera in sede di audizione alla commissione alla Camera hanno affermato che «la norma annullerebbe i progressi tecnologici degli ultimi 15 anni e alcune soluzioni si rifletterebbero in un aumento dei costi almeno del 15%». Scettica anche Acea: «bisogna salvaguardare le aziende miste pubblico-private, anche quotate in Borsa. Il servizio del ciclo delle acque - hanno sostenuto i rappresentanti della multiutility di Roma - è un sistema complesso che chiede un elevato know how. La gestione va affidata a soggetti industriali efficienti, capaci di far fronte alle sfide tecnologiche e che abbiano competenze». A2A ha condiviso «alcune aspirazioni della legge, come la sensibilità sociale e la dimensione del coinvolgimento pubblico, ma siamo convinti che alcuni punti meritino un'attenzione particolare». A2A ha sottolineato i rischi «della discontinuità che potrebbe venirsi a creare in seguito ad alcune decisioni: dalla cessazione anticipata degli affidamenti ci sono rischi rilevanti sia per gli investimenti che per l'implementazione dell'imminente direttiva europea sulla qualità dell'acqua». Un Comune bresciano su tre del resto sta violando le norme comunitarie in materia di depurazione. Trentacinque sono sotto osservazione di Bruxelles dopo aver progettato opere di risanamento su collettori e reti fognarie, mentre per 30 è già scattata la procedura di infrazione. Di pensiero diametralmente opposto a quello delle utility, ovviamente, il Forum Acqua presente all’audizione con Remo Valsecchi, Giuseppe Antonio Mancino e Paolo Carsetti. «La proposta di legge risponde all’urgenza di dotare il nostro Paese di un quadro legislativo unitario rispetto al governo delle risorse idriche come bene comune, introducendo modelli di gestione pubblica e partecipativa del servizio idrico, procedendo da subito alla ripubblicizzazione dello stesso - spiega Remo Valsecchi -. Il testo scaturisce dalla necessità di un cambiamento normativo nazionale e risulta essere la reale e concreta attuazione dell’esito referendario, che segni una svolta radicale rispetto alle politiche che hanno fatto dell’acqua una merce e del mercato il punto di riferimento per la sua gestione». L’iter di discussione comporterà tempi non brevissimi, anche a causa delle tante audizioni richieste. «Da parte nostra - spiegano i rappresentanti del Forum - abbiamo sottolineato come sia necessario un lavoro “politico” al fine di esplicitare la posizione della Lega, dal momento che è evidente che l’esito della discussione della legge dipende da quale posizione intenderà assumere».

Suggerimenti