Accuse al Trentino:
«Senza stop alla pesca
il carpione è condannato»

Carpioni del Garda: resta in salita la strada per il ripopolamento
Carpioni del Garda: resta in salita la strada per il ripopolamento
Carpioni del Garda: resta in salita la strada per il ripopolamento
Carpioni del Garda: resta in salita la strada per il ripopolamento

Basta annunci e «proclami più o meno interessati»: per salvare il Carpione, specie simbolo del lago a rischio di estinzione, servono piani concreti e continuità di progetti. E soprattutto uniformità nelle norme: «Non è possibile che sulla sponda trentina non ci sia il divieto assoluto di pesca imposto sui versanti bresciano e veronese», è l’accusa.

L’APPELLO proviene dal basso, dalle associazioni di pescatori gardesani e dalle testimonianze di soggetti (tra questi gli allevatori di alcuni centri riproduttivi) protagonisti negli ultimi anni di azioni a salvaguardia di una specie ormai rarefatta al punto da non essere ormai che fortuita cattura.

L’OCCASIONE è giunta nel fine settimana a Limone, alla partecipatissima serata al museo del turismo e intitolata «Prospettive per un ritorno del Carpione», impreziosita dalla relatrice Katia Parati dell’Istituto Spallanzani di Rivolta d’Adda, ente di ricerca attore del progetto «Salvacarpio» finanziato dal 2009 al 2012 da Regione Lombardia.

«Negli ultimi anni - è la tesi dei pescatori - le azioni a tutela di questa ormai rara specie sono state attuate con metodologie disorganizzate e a volte in contrasto tra loro: per questo serve unità d’intenti e non interventi sporadici».

È UNA SPECIE che ha visto il pescato ridursi negli ultimi 60 anni dagli oltre 450 quintali del 1956 a quantitativi inferiori al quintale dal 2008 in poi: «Tra le cause di natura antropica – sostiene Katia Parati - oltre all’eccessivo sforzo di pesca e la competizione alimentare, ci sono le modificazioni delle aree di frega e il degrado qualitativo delle acque del lago».

Che fare? «Ora bisognerebbe - risponde l’esperta - sviluppare le linee tracciate negli ultimi anni attraverso il protocollo di allevamento dell’uovo riproduttore, la creazione e la gestione dello stock di riproduttori nei Centri ittiogenici , creando una popolazione di riferimento a base genetica da riproduttori pescati con il supporto dei pescatori locali».

Il punto di caduta? «Ad esempio il divieto assoluto di pesca non esteso alla Provincia di Trento, mentre Verona e Brescia lo applicano dal 2015 – sottolinea Katia Parati -: inutile imporre moratorie e salvaguardare le freghe se questo sforzo non è comune». L.SCA.

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