«Chi ha sparato
a nostro padre
si costituisca»

di Lino Febbrari
Il cartello bucato dai proiettili Simona e Deborah Gazzoli hanno lanciato  un appello alla persona che   ha ferito il padre con una fucilata
Il cartello bucato dai proiettili Simona e Deborah Gazzoli hanno lanciato un appello alla persona che ha ferito il padre con una fucilata
Il cartello bucato dai proiettili Simona e Deborah Gazzoli hanno lanciato  un appello alla persona che   ha ferito il padre con una fucilata
Il cartello bucato dai proiettili Simona e Deborah Gazzoli hanno lanciato un appello alla persona che ha ferito il padre con una fucilata

Lino Febbrari «Non nutriamo assolutamente sentimenti di vendetta, chiediamo solo giustizia per nostro padre». Deborah e Simona sono le figlie di Giacomo Gazzoli, il 71enne di Braone ferito gravemente alle natiche e alla schiena da un proiettile di grosso calibro esploso da lunga distanza il pomeriggio di domenica 11 novembre. Prima di penetrare nel suo corpo, sfiorando il midollo spinale, l’ogiva aveva trapassato la carrozzeria e il sedile della sua Peugeot 206. Giacomo Gazzoli stava procedendo sulla strada comunale da Corteno verso l’abitato di Santicolo in compagnia della convivente (rimasta illesa), e solo per una questione di centimetri quel colpo di fucile non si è trasformato in una tragedia. A due mesi dal ferimento i familiari sono usciti allo scoperto chiedendo che si squarci una volta per tutte l’inspiegabile cappa di omertà che sulla brutta vicenda è calata nella zona. Eppure in paese i sospetti si sono concentrati subito su una persona, ma al momento gli inquirenti non hanno ancora ricostruito un quadro probatorio in grado di giustificare eventuali provvedimenti della magistratura. «Se ha una coscienza, invitiamo l’individuo che ha compiuto questo infame gesto a costituirsi – afferma Simona Gazzoli -. Chiediamo inoltre alle persone che hanno visto o che sanno qualcosa e tacciono magari per paura di eventuali ritorsioni, a collaborare invece con le forze dell’ordine». MEZZ’ORA DOPO l’accaduto Giacomo Gazzoli fu trasportato in volo dall’eliambulanza del 112 all’ospedale Civile di Brescia, dove i medici sono riusciti a salvargli la vita. «Nostro padre adesso sta un po’ meglio – aggiunge Deborah -. Quando è arrivato in ospedale era in gravissime condizioni e i medici non ci avevano assicurato che avrebbe passato la notte. Poi ha trascorso una settimana in rianimazione, venti giorni in corsia e dal 3 di dicembre è stato trasferito a Sondalo, in alta Valtellina, e ricoverato nell’unità spinale. Non sappiamo ancora – prosegue la donna – se potrà ricominciare a camminare o meno…». Quando le figlie furono informate che il loro padre era rimasto ferito non pensarono che fosse così grave; rimasero sconcertate quando appresero la dinamica dell’assurda vicenda. «Sparare su una strada, il proiettile che forava le lamiere dell’auto: al momento non c’ho creduto – afferma Deborah -. Mi sono detta: non è possibile che succeda una cosa del genere. E ancor oggi non riesco a trovare una risposta a questo fatto veramente allucinante». Quel proiettile poteva uccidere. In questi due mesi a Braone e nei paesi circostanti non sono mancate le manifestazioni di solidarietà alla famiglia Gazzoli. «È VERO – AMMETTONO le figlie di Giacomo -: soprattutto da parte della popolazione del nostro paese che conosce bene nostro padre. Molti ci hanno subito contattato, si sono detti dispiaciuti e anche loro stupiti di come fosse avvenuto il ferimento». Le indagini sono tuttora in corso e ovviamente gli investigatori mantengono il più stretto riserbo sull’evolversi delle stesse. In attesa che il mistero trovi soluzione, Deborah, Simona, tutti i familiari e gli amici di Giacomo manifestano la loro gratitudine a quanti si sono (e si stanno tuttora) adoperando per individuare il colpevole e, soprattutto, prestando le cure al padre. «RINGRAZIO DI CUORE i carabinieri di Edolo e del nucleo radiomobile della compagnia di Breno – rimarca Simona -, che affiancate dai magistrati della Procura della Repubblica di Brescia stanno svolgendo gli accertamenti finalizzati a individuare il colpevole». «Non possiamo assolutamente dimenticarci del lavoro e della professionalità mostrata dei medici, dei paramedici e da tutto il personale del centro sanitario della Valtellina che si stanno occupando di nostro papà - conclude Deborah -. Lo li ringraziamo e speriamo che la situazione finalmente, sia dal punto di vista delle indagini che per la salute di nostro padre, trovi al più presto uno sbocco positivo». Magari facendo uscire dall’ombra lo sparatore. • © RIPRODUZIONE RISERVATA

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